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Marcelo Gallardo, l’argentino europeo

Calcio EsteroMarcelo Gallardo, l'argentino europeo

Idee, temperamento e un carattere da leader: Marcelo Gallardo è pronto per sbarcare in Europa

Marcelo Gallardo in Europa. Quante volte, nell’ultimo biennio, abbiamo sentito questo leit motiv? Parecchie, sia in Argentina che nel vecchio continente, ormai pronto ad accogliere definitivamente uno degli allenatori più vincenti non solo del River Plate, ma anche dell’intero calcio albiceleste. Gallardo, volenti o meno, ha segnato un’epoca, e non lo ha fatto solo per le tante coppe vinte e incastonate saldamente nella bacheca dei Millonarios.

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Quanto, per esempio, per la grande rivoluzione tattica che ha apportato dal momento del suo arrivo alla Banda. Ora però, nonostante le smentite di rito e un contratto che lo lega al club fino a dicembre del 2021, il suo destino sembrerebbe segnato: negli scorsi giorni Gallardo è stato fortemente accostato al PSG, che lo avrebbe incoronato come erede dell’uscente Thomas Tuchel.

Marcelo Gallardo, di nuovo a Parigi dopo 12 anni

Marcelo Gallardo, secondo fonti argentine, tornerebbe molto volentieri nella capitale francese, dove da calciatore aveva militato per una sola stagione, nel 2007/08. Un solo anno, ma di grande spessore, tanto che a fine campionato i tifosi del PSG – lontano parente della potenza mondiale che si ritrova a essere oggi – rumoreggiarono parecchio quando scoprirono della cessione del Muñeco ai DC United. Le casse del club piangevano e lo stipendio dell’allora numero 10 albiceleste pesava, così la MLS accontentò tutti. Negli anni però Gallardo ha sempre rimarcato come in Francia – per lui, prima del PSG, ci fu l’esordio europeo al Monaco – si sia trovato molto bene, facendo la differenza anche in campo.

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Oggi le cose sono cambiate parecchio, perché sia lui che il club transalpino hanno alzato i rispettivi livelli. Se da una parte c’è un PSG in profonda ascesa, dall’altra troviamo uno dei pochi allenatori da considerare potenzialmente top pur non avendo ancora allenato al di qua dell’Oceano Atlantico. Idee tattiche ben delineate, un carattere introverso ma forte, capacità di valorizzare ogni singolo elemento a sua disposizione: sono queste le tre caratteristiche centrale del Gallardo allenatore, forgiate ai tempi in cui in campo galleggiava tra le linee da numero 10 e si contendeva la titolarità in nazionale prima con Ariel Ortega, poi con Pablo Aimar e Juan Roman Riquelme.

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Nonostante il lavoro di Tuchel non sia totalmente da buttare, il PSG potrebbe aver bisogno di lui. La sua forza emotiva gli permetterebbe di gestire al meglio le tante personalità presenti nello spogliatoio parigino, esaltando il singolo ma mettendo sempre il gruppo al centro di tutto. Inoltre, potrà importare il suo marchio di fabbrica, ovvero quel 4-2-2-2 schierato con un quadrilatero molto efficace, nel quale vengono premiati gli interpreti in grado di far circolare la palla e dare più soluzioni in costruzione.

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Viaggiando con la fantasia, alcuni uomini per farlo già li avrebbe, basti pensare alla sostanza di Gueyé e Verratti, in grado di fare un filtro perfetto tra i reparti e coprire le spalle ai vari Neymar, Di Maria, Icardi e Mbappé. I prossimi giorni saranno fondamentali per capire le intenzioni del tecnico: con il calcio argentino fermo fino a luglio, può essere arrivato il momento giusto per spiccare il salto.

Da Montevideo a Buenos Aires: la parabola del Muñeco

Per capire di avere le potenzialità giuste per sfondare come allenatore, Marcelo Gallardo deve partire dalla periferia del fútbol sudamericano, in quella Montevideo che diventerà – a sua insaputa – il trampolino di lancio decisivo. Lì chiude la carriera, portando il Nacional a sfiorare il campionato prima di decidere per il ritiro.

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E, sempre al Gran Parque Central, festeggia il titolo nel 2011/12 in maniera abbastanza inaspettata, non tanto per la vittoria in sé, quanto per il fatto che la società – alla ricerca di un tecnico – abbia deciso fortemente di puntare su qualcuno senza esperienza. Le cose sembrano andare molto bene, ma all’improvviso – quando il Decano decide di separarsene – Gallardo si prende una pausa e rifiuta un paio di offerte molto interessanti.

L’obiettivo è tornare al River Plate, ma da protagonista. Comincia così un biennio di viaggi in Europa e studio per aggiornarsi al meglio. Il Muñeco – che significa ‘bambolotto’ – vola a Barcellona, poi ad Amsterdam e Londra, disegnando così il suo personale Erasmus calcistico. E, a posteriori, la strategia adottata gli ha dato ragione.

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Dal 6 giugno 2014, giorno della sua firma con il River Plate, l’ex fantasista del River Plate ha alzato ben 11 trofei, tra i quali spiccano la Copa Sudamericana dello stesso anno e la Copa Libertadores della stagione successiva, ma soprattutto il grande successo del 2018, nel chiacchierato Superclasico di coppa vinto contro il nemico di sempre, il Boca Juniors. Se proprio vogliamo trovare un difetto a questi cinque anni di gestione, manca ancora il successo in Superliga, sfuggito pochi mesi mesi fa al fotofinish proprio contro gli Xeneizes.

Dicono di Gallardo: “Leader nato, parla quando serve”

In un interessante approfondimento pubblicato dalla rivista spagnola Panenka, Gallardo viene descritto come una persona taciturna ma molto forte. In tal senso, si sprecano gli episodi che confermano questa sensazione. Per esempio, pare che più di una volta abbia convinto la società a non riprendere alcuni calciatori che, sebbene in passato, avevano fatto la storia del River Plate. I nomi non si conoscono, ma tale situazione si sarebbe ripetuta più volte.

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Così come un paio di anni, dopo averlo fortemente voluto per via dei trascorsi comuni al Nacional, diede il benservito a Tabaré Viudez. Il motivo? “Lo conoscevo bene e sapevo che aveva potenzialità. In un primo momento ho provato a fargliele esprimere, ma lui non ha ricambiato e si è spento”. Ergo, via. Ma Eduardo Barrionuevo, dirigente del club, non ha dubbi: “Da buon leader parla solo quando serve. Lo fa in modo chirurgico, trovando i momenti e la maniera più idonea”. Chi assiste ai suoi allenamenti, nota che il suo unico gesto di assenso è un pollice in su. Se invece ti alleni male, lo capirai soltanto il giorno in cui verranno diramati i convocati.

Il suo laboratorio di talenti

E per un Viudez che non ce l’ha fatta, ci sono diversi calciatori che grazie al metodo del Muñeco sono esplosi o si sono rivitalizzati. La lista appartenente alla prima categoria è davvero troppo lunga, quindi ci si può solo limitare a elencare gli ultimi in ordine cronologico. Si parte dal robusto Gonzalo Montiel, terzino destro in odore di Italia, passando per il centrale Lucas Martinez Quarta, l’elettrico Nicolas De La Cruz, sul quale il tecnico ha insistito molto, e Jorge Carrascal.

Per non parlare, ovviamente, di Exequiel Palacios, ultima (per il momento) plusvalenza dei Millonarios, che lo hanno ceduto al Bayer Leverkusen per 17 milioni di euro. Tra i rinati sotto la cura del Muñeco troviamo invece Nacho Fernandez, miglior centrocampista box-to-box del continente e Milton Casco, ma anche Matias Suarez, reietto al Belgrano e protagonista con la Banda.

Di Marcelo Gallardo parlano tutti bene soprattutto professionalmente, ma è la sua attitudine ad averlo fatto arrivare dov’è oggi. Scherzosamente, un giornale argentino lo ha ribattezzato “piccolo Kaiser”. Un paragone forse esagerato, che però ne tratteggia perfettamente la indole, tramite la quale è destinato a fare grandi cose. Anche in Europa.

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