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Il calcio sta vivendo ore di profondo dolore. Due giovani calciatori hanno perso la vita in circostanze drammatiche, riportando alla memoria tragedie che il mondo del pallone fatica a dimenticare. Nelle scorse ore, tra testimonianze e prime ricostruzioni, sono arrivati nuovi dettagli su quanto accaduto.

Nella notte tra mercoledì e giovedì, Diogo Jota e il fratello André Silva sono morti in un incidente stradale sulla A-52, all’altezza di Cernadilla, nella provincia di Zamora, in Spagna. Secondo quanto riportato dal sito zamora24horas.com e confermato dal centro emergenze locale a La Opinión de Zamora, l’incidente sarebbe stato causato dallo scoppio di uno pneumatico durante un sorpasso. I due viaggiavano a bordo della Lamborghini dell’attaccante del Liverpool quando il veicolo è uscito di strada e ha preso fuoco. Non è ancora stato chiarito se la vettura procedesse a velocità elevata. I corpi sono stati riconosciuti grazie alle targhe del mezzo, con identificazione ufficiale avvenuta durante l’autopsia.

Secondo CNN Portogallo, Jota era diretto a Santander per imbarcarsi su un traghetto diretto in Inghilterra. Al calciatore era stato sconsigliato di volare dopo un recente intervento chirurgico ai polmoni e per questo aveva scelto di viaggiare via terra insieme al fratello per raggiungere il porto della Cantabria e imbarcarsi sulla nave per Plymouth. Il traghetto sarebbe partito giovedì alle 16:00, con arrivo previsto per venerdì mattina. Rui Laura, caporedattore sportivo di CNN Portogallo, ha confermato: «Era diretto a Liverpool con suo fratello». Victor Pinto, giornalista di CMTV, ha aggiunto: «Jota a volte sceglieva di viaggiare su strada perché soffriva di una patologia polmonare, non grave». Un viaggio abituale, finito in tragedia.

Pasquale La Ragione

Napoletano fuori, milanista dentro. Non so fare nulla ma lo faccio splendidamente bene. Non avrai altro Dio all'infuori di Paolo Maldini il mio primo ed unico comandamento. Costruito dal basso e in direzione ostinata e contraria. Lo Scudetto 2022 il più bello della mia vita personale e professionale ma il Milan di Ancelotti mi ha insegnato che dopo Istanbul c’è sempre Atene.