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L’eterno conflitto tra Ibrahimovic e la Svezia

Calcio EsteroL'eterno conflitto tra Ibrahimovic e la Svezia

Zlatan Ibrahimovic, in Svezia, fa sempre discutere più che in qualunque altra parte del mondo: questa volta è bastata una foto sui social per accendere una nuova polemica.

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“Sono ancora estremamente deluso da quello che ha fatto, un giochino di cattivo gusto”. Sono queste le parole di Karl-Erik Nilsson, presidente della Federcalcio svedese, rivolte pochi giorni fa ovviamente a Zlatan Ibrahimovic. Questa volta la polemica tra l’attaccante del Milan e i vertici del calcio svedese è nata addirittura da una foto che Ibra ha pubblicato sui social il 2 novembre, in cui indossava la maglia della Nazionale e commentava “È da tanto che non ci vediamo”.

“Era per mettere irritazione in Svezia, non volevo tornare in Nazionale” ha poi chiarito Ibrahimovic nel post-partita di Milan – Verona. Irritazione puntualmente arrivata, come abbiamo visto: il rapporto tra Ibra e la Nazionale, ma più in generale tutta la Svezia, è sempre stato complicato, e questo è solo l’ultimo capitolo di un lungo battibecco.

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I pessimi rapporti con il ct Andersson

Nelle sue dichiarazioni, Nilsson ha aggiunto anche che “è chiaro che quando il nostro miglior calciatore di tutti i tempi dice queste cose senza alcuna prova, è davvero, davvero brutto“. Un esplicito riferimento a ciò che Ibrahimovic aveva affermato lo scorso settembre, quando la Francia aveva vinto 1-0 a Stoccolma e il ct Janne Andersson aveva tenuto in panchina Dejan Kulusevski.

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In quell’occasione, Ibrahimovic aveva commentato: “Ci sono persone incompetenti nelle posizioni sbagliate che soffocano il calcio svedese“. Che Zlatan non vada per nulla d’accordo con Andersson, è noto: nel 2016, dopo un Europeo deludente, l’attaccante annunciò l’addio alla Nazionale proprio mentre si insediava il nuovo ct. Successivamente, nell’autunno 2019, Ibrahimovic era arrivato ad accusare Andersson di distruggere “quello che ho costruito per 20 anni”.

Giudizi da molti ritenuti ingenerosi: Andersson è pur sempre l’allenatore che nel 2018 ha riportato la Svezia ai Mondiali dopo dodici anni, eliminando l’Italia pur senza Ibrahimovic in campo. A quel punto, Zlatan aveva assicurato che avrebbe preso parte al torneo (“Che Coppa del Mondo sarebbe, senza di me?” aveva detto a Jimmy Kimmel), ma Andersson e Nilsson gli chiusero la porta in faccia. Il ct disse chiaramente: “Ha lasciato la Nazionale due anni fa, non credo che dovrebbe tornare adesso”.

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Ma il rapporto tra Ibrahimovic e la Svezia è sempre stato complicato. Spesso criticato dai tifosi per i suoi atteggiamenti, nel 2006 aveva deciso per la prima volta di non rispondere alle convocazioni, entrato in rotta con il ct Lars Lagerback; poi si era ripetuto nel 2009, dopo la mancata qualificazione ai Mondiali africani, salvo tornare disponibile un anno dopo.

Ma questi problemi sono lo specchio di un’altra complicata relazione: quella di Ibrahimovic con la Svezia in generale. Cresciuto a Rosengard, un quartiere degradato di Malmo, l’attaccante ha avuto un’infanzia difficile e si è spesso dovuto scontrare con la difficile realtà sociale di un paese con diversi problemi d’integrazione e razzismo. “Se un altro giocatore commettesse un mio stesso errore, i media lo difenderebbero. Ma se succede a me, non lo fanno, perché non mi chiamo Andersson o Svensson” disse, nel 2018.

Il razzismo è divenuto un problema sempre più pressante in Svezia in questi anni, specialmente dopo l’exploit del partito di destra populista Democratici Svedesi alle elezioni di due anni fa, dove si affermò come terza forza del paese. Un partito i cui rappresentanti non hanno mancato di dire la loro su Ibrahimovic, in passato: “Ha un modo di fare che non sembra tanto svedese. Ha un linguaggio del corpo, e un linguaggio in generale, che non considero svedese” diceva nel 2007 il portavoce del partito Mattias Karlsson.

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In un paese in cui circa il 20% della popolazione ha genitori immigrati, il tema dell’integrazione razziale è estremamente sentito, e le tensioni sociali si fanno via via sempre più aspre. Così, quando nel 2019 Ibrahimovic ha accusato proprio Andersson di considerare poco i giocatori di origine straniera, si è scatenata una nuova polemica.

Abbandonare il ghetto

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Ma Ibrahimovic non ha problemi solo con i razzisti. Se è vero che lo scorso gennaio la sua statua a Malmo è stata abbattuta dai tifosi della squadra locale, dopo la notizia che Zlatan avrebbe investito nei rivali dell’Hammarby, è anche vero che la sua figura non sia poi così popolare anche tra gli svedesi di seconda generazione.

“Cosa ha fatto per Rosengard? Ha lasciato che la Nike pagasse per un piccolo campo che poi è venuto a inaugurare. Quando poi ha messo su una scuola di calcio, l’ha fatto nelle parti più ricche della città” dice Martin Kayongo-Mutumba, ex-calciatore svedese originario dell’Uganda e cresciuto nello stesso quartiere di Ibrahimovic. Lo stesso quartiere dove Zlatan ha fatto costruire una sfarzosa villa che sembra un pugno in faccia ai poveri delle zone limitrofe, nela quale non ha mai vissuto e che attualmente è in vendita.

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Così, se uno va a Rosengard oggi ci trova un sottopassaggio pedonale su cui proprio Ibrahimovic ha fatto scrivere il motto “Puoi togliere il ragazzo dal ghetto, ma non puoi togliere il ghetto dal ragazzo”. Qui sotto, nel dicembre 2019, qualcuno ha aggiunto provocatoriamente: “Sì, però il ragazzo può pagare per uscirne”.

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