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Bolivia-Argentina, il 6-1 e l’umiliazione a Maradona

Calcio EsteroBolivia-Argentina, il 6-1 e l'umiliazione a Maradona

La seconda giornata di qualificazioni mondiali mette in calendario Bolivia-Argentina. Si gioca a La Paz, dove nel 2009 – con Maradona in panchina – la Seleccion scrisse una delle pagine peggiori della sua storia

Dopo l’importante esordio vittorioso contro l’Ecuador, risolto da un calcio di rigore di Leo Messi, l’Argentina si appresta ad affrontare la prima delle nove trasferte nel cammino che separa l’Albiceleste dai Mondiali 2022. Per l’occasione, la squadra di Lionel Scaloni sarà impegnata in Bolivia, più precisamente nella capitale La Paz, sede dei due club più importanti del paese: The Strongest e Bolivar.

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L’Hernando Siles è uno degli impianti più famosi del mondo e non solo perché trasmette una mistica particolare: infatti, è lo stadio più ‘alto’ di tutti quelli situati nelle varie capitali, sorgendo addirittura a 3650 metri di altezza sopra il livello di mare. Qui, soprattutto se arrivi dalla costa e sei abituato all’aria dell’oceano, l’ossigeno viene a mancarti quasi subito a tal punto che è perfino difficile camminare, figuriamoci giocare.

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Lo sanno bene i tifosi argentini, che l’1 aprile 2009 vi si erano trasferiti in massa per assistere a un Bolivia-Argentina valido per qualificazioni a Sudafrica 2010. Sulla panchina della Seleccion c’era Diego Maradona che, forse incautamente, nella conferenza stampa della vigilia si era un po’ lasciato andare: “Qualche giorno fa (vittoria sul Venezuela ndr) ho avuto le risposte che cercavo – dichiarò il Pibe de Oro – saremo offensivi e terremo sempre noi la palla”.

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Invece, quella che sulla carta sembrava una passeggiata, si è rivelata a posteriori una delle peggiori sconfitte di sempre della nazionale argentina. L’Hernando Siles – situato in fronte a una delle carceri più violente del Sudamerica – è una bolgia, i calciatori dell’Albiceleste – arrivata a La Paz solo poche ore prima del calcio di inizio – vanno subito in debito di ossigeno e la Bolivia, sorprendentemente, dilaga. Al fischio finale del signor Martin Vazquez il tabellone reciterà 6-1. Ma non per l’Argentina.

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Un monologo senza precedenti

La partita fu un vero e proprio monologo, come raccontato ad anni di distanza dagli stessi protagonisti visti in campo quella sera: “Lavorammo molto sull’aspetto mentale – disse il preparatore tecnico William Ramallo – quella sera non ha prevalso la squadra piccola su quella grande, ma quella veloce su quella lenta”. Pressing e rapidità da una parte, ritmi blandi dall’altra: dopo dieci minuti la Bolivia è già in vantaggio con l’allora giovanissimo Marcelo Moreno, naturalizzato poco tempo prima.

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Alla fine del primo tempo, dopo il momentaneo pari segnato da Lucho Gonzales su preparazione di Fernando Gago, la Verde è già sul 3-1. Merito, in primis, dell’eccellente Alex De Rosa, centrocampista dalla carriera anonima ma stella per una notte, che prima si procura il calcio di rigore trasformato dal bomber Joaquin Botero, poi finalizza un’azione corale rifinita dallo stesso centravanti. Nella ripresa non cambia il canovaccio: Botero segna il 4-1, Ronald Garcia e Didi Torrico completano l’opera.

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Marcelo Moreno, l’idolo di La Paz

A undici anni e mezzo di distanza da quel Bolivia-Argentina, nella rosa della Verde è ancora presente Marcelo Moreno, uno degli attaccanti più prolifici dell’intera storia del calcio locale. Brasiliano di nascita, ha speso tutta la sua carriera in giro per il mondo – Ucraina, Germania e Cina tra le tappe – e oggi è tornato al Cruzeiro, suo vecchio amore caduto in disgrazia. Ai tempi aveva 22 anni: “Ancora oggi quella è una delle serate migliori della mia carriera – ha raccontato – segnai, ma ho voglia di ripetermi”.

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Nonostante le buone intenzioni, però, oggi la Bolivia non è la nazionale che fino a qualche anno fa faceva sperare in una, seppure lenta, crescita. Lo zoccolo duro di The Strongest e Bolivar è quasi tutto arrivato al capolinea, in pochi giocano all’estero e chi lo fa è impegnato in contesti poco competitivi. In più, l’Argentina non è più quella selezione confusionaria che poi, proprio con Maradona, si qualificherà solo in extremis per il Mondiale sudafricano.

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Infatti l’esperienza di Maradona, al netto della disgraziata serata di Bolivia-Argentina, sulla panchina della Seleccion fu tutt’altro che memorabile, tratteggiata principalmente da questa disfatta e dalla partita contro il Perù, risolta con un tuffo di testa in mischia da Martin Palermo nel diluvio di Buenos Aires. Il gol della qualificazione, invece, lo segnò l’ex carneade della Fiorentina Mario Bolatti, che decise il clasico rioplatense contro l’Uruguay.

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“A ogni gol segnato dalla Bolivia sentivo una coltellata al cuoreha detto Maradona riferendosi a quel disastro sportivo. In campo, oltre a leader come Zanetti, Mascherano e Tevez c’erano anche Di Maria, che si fece espellere a pochi minuti dal suo ingresso, e il 23enne Leo Messi, unica luce in una delle serate più buie del calcio argentino. E sullo sfondo, La Paz, viveva invece la più grande pagine dello sport boliviano.

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