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Savanier, l’estro del gitano

Calcio EsteroSavanier, l'estro del gitano

Come se fosse avvolta da un pesante telo rosso, la citè di Gély, un piccolo sobborgo quasi nascosto di Montpellier, racchiude al suo interno una vita tutta sua.

Totalmente avulsa da quanto accade nel capoluogo occitano, sede del mondiale del 1998, questa piccola parte di terra scevra dal resto delle urbanizzazioni è un non luogo reso unico dalla comunità gitana che lo abita ormai da decenni.

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Tra le case popolari di bianco pittate spicca un enorme murales che raffigura Téji Savanier, il figlio del borgo che porta la fascia di capitano proprio del Montpellier e che alla soglia dei 30 anni anni sta vivendo una delle sue migliori stagioni di sempre.

L’azzurro acceso dei suoi occhi è la proiezione di una sana voglia di vivere che si manifesta soprattutto in campo, dove il numero 11 del Montpellier è libero di creare a suo piacimento senza limiti.

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Come Zidane

Il murales che accoglie l’ingresso in questo avamposto di cemento nel quale né le mascherine né il distanziamento social sembravano aver attecchito anche nelle peggiori epoche della pandemia introduce al culto di un campione del popolo. Un fenomeno del calcio ma non solo. Un ragazzo che per gli adolescenti di Gély è come Zinedine Zidane per i pari età del quartiere La Castellane di Marsiglia.

Del resto le origini gitane e il suo modo di vivere lo hanno forgiato fin da subito con la caratteristica del joueur de rue, quel calciatore di strada e di quartiere che sull’asfalto scorticato di casa sua ha imparato a divincolarsi per poter poi volare sull’erba perfetta dei campi di Ligue 1.

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Capace di giocare sia da regista sia da trequartista, Savanier è un profilo di calciatore eclettico che non ha mai smesso di essere quello che è stato, ossia un giocatore spensierato che scende in campo per divertirsi.

Non sono necessarie le statistiche per inquadrare un personaggio la cui storia sta prendendo la giustizia che merita, e non perché abbia disputato le Olimpiadi di Tokyo con la nazionale francese bensì per i suoi effettivi valori in campo.

Fonte immagine: profilo Ig @Savanier

Savanier, ragazzo di casa

Unico tra i suoi a viaggiare in aereo, Savanier non si è mai mosso dalla sua regione di origine, la Provenza, l’area della Francia dove la cultura gitana vive di un fuoco vivo e sacro.

Formatosi nel Montpellier, Téji ha giocato in Ligue 2 all’Avignon e poi al Nimes, con il quale si è guadagnato la promozione in Ligue 1 nella stagione 2017-18.

L’anno dopo la distinzione di principale assistman della prima divisione francese con 14 passaggi decisivi fu il segnale che era arrivato il momento di tornare veramente a casa, ossia al Montpellier. Lui, tuttavia, non avrebbe mai imitato i suoi compagni di squadra nello stile di vita.

Fonte immagine: profilo Ig @Savanier

Nonostante un salario intorno ai 100mila euro mensili, il fantasista non ha mai voluto abbandonare veramente Gély, dove vive come una persona qualsiasi dando una mano alla comunità locale non solo con il suo denaro ma anche impegnandosi in varie attività.

Per lui i viaggi in aereo sono contemplabili solo per le trasferte con il suo Montpellier e la sua Champions League sono le partite di bocce con gli amici per strada.

Per non parlare delle vacanze estive, che lui è solito passare nella località costiera di Palavas-les-Flots, a pochi km da Saintes Maries de la mer, casualmente il luogo di ritrovo delle comunità gitane europee per la festa massima di fine maggio. Una festa che ha avuto luogo anche in piena pandemia.

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Gitano per cultura

Gitano ma rispettoso delle regole, Savanier è un fiero rappresentante della sua cultura. Si adatta ma non abbandona il suo luogo di nascita, dove si è soliti vederlo entrare a casa sua, sita al pian terreno, direttamente dalla finestra.

In campo Savanier parla la stessa lingua di Neymar, quella del dribbling stretto e delle decisioni improvvisate. Perché, del resto, crescere giocando in spiaggia in riva all’Atlantico o in un quartiere dove all’ingresso dei ragazzi fanno da palo per segnalare l’arrivo della polizia fomenta lo stesso spirito di rivincita e di sopravvivenza che poi si applica al calcio.

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