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Com’è nata la fake news della morte di Mino Raiola

In Primo PianoCom'è nata la fake news della morte di Mino Raiola

Mino Raiola è vivo, ma per quasi un’ora è stato morto, almeno sul web: cosa è successo e come ha potuto diffondersi questa fake news?

L’affaire Raiola è senza dubbio una delle situazioni più imbarazzanti del giornalismo sportivo italiano di sempre: per circa un’ora, nella giornata di giovedì 28 aprile 2022, praticamente ogni organo di stampa del Paese ha dato assolutamente per morto uno dei più noti procuratori del calcio mondiale.

Ad aggravare la situazione non è stato solo il buco nell’acqua della stampa nazionale, ma anche le conseguenze della notorietà di Raiola fuori dai confini italiani: dai siti nostrani, la notizia della sua morte si è diffusa anche all’estero, appoggiandosi sulla legittimità delle fonti locali e senza bisogno di ulteriore verifica. Fino a che l’Ansa non ha smentito la fake news.

Com’è potuto succedere tutto questo? Molti dettagli non sono ancora chiari, ma certe cose già si sanno, e possiamo provare a spiegarle.

Com’è nata la fake news sulla morte di Raiola

Poco dopo le 13.00 di giovedì 28 aprile 2022, il profilo Twitter del TG di La7 annunciava la notizia della morte di Mino Raiola. A quanto è dato sapere al momento, questa è la prima menzione della notizia.

raiola
Ciò che resta del tweet di TG La7 sulla morte di Raiola (poi cancellato), inserito nell’articolo di Minuti di Recupero sulla presunta morte del procuratore.

Data l’affidabilità del telegiornale diretto da Enrico Mentana, questa è stata ripresa nel giro di pochi minuti da migliaia di utenti sui social, e ovviamente anche da altre testate più o meno importanti: tra queste ultime, anche la Gazzetta dello Sport, il principale quotidiano sportivo del Paese, e Il Post, un sito d’informazione ritenuto tra i più affidabili in Italia.

Il meccanismo, a questo punto, è abbastanza comprensibile: la varietà e l’affidabilità delle fonti hanno legittimato la notizia agli occhi degi utenti sui social e delle testate minori, che hanno meno possibilità di verificare queste informazioni (Minuti di Recupero è stata tra queste), e si è così ulteriormente diffusa e rafforzata. Ciò ha portato la morte di Raiola a diventare pubblica anche sulla stampa straniera, coem ad esempio su Marca, ma anche su altre testate, tant’è vero che tra i giornalisti che si sono lamentati della confusione di quelle ore c’è stato anche Tariq Panja del New York Times.

L’arrivo della smentita

La solidità della news ha iniziato a incrinarsi dopo circa un’ora dalla sua iniziale diffusione dal TG La7. Ripartiamo proprio da Panja, che alle 14.25 twittava: “Ho appena ricevuto una telefonata da un importante agente britannico e amico intimo di Raiola, che dice che il procuratore italo-olandese non è morto ma ‘molto, molto malato’. Dice che le notizie sulla morte del suo amico sono inaccurate”.

Una decina di minuti dopo, il giornalista allungava il thread riportando un articolo della testata olandese NOS in cui José Fortes Rodriguez, socio d’affari di Raiola, confermava che il procuratore era ancora vivo, anche se in gravi condizioni. In questo momento, praticamente nessuno in Italia si era accorto delle due smentite arrivate dall’estero.

L’Ansa, però, è stata l’unica a provare a verificare la notizia, contattando il primario dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione del San Raffaele Alberto Zangrillo, che ha confermato che Raiola era ancora vivo. Quando il tweet dell’Ansa è stato pubblicato, erano le 14.27; l’articolo con la news è stato pubblicato sul sito pochi minuti dopo. Da qui in avanti, è iniziato il dietrofront generale, con la cancellazione dei pezzi che annunciavano la morte del procuratore, e la pubblicazione della smentita di Zangrillo. Alle 14.41, sul profilo Twitter ufficiale di Mino Raiola si ribadiva che l’agente italiano era vivo.

Particolarmente degno di nota è il fatto che, in tutto questo, nessuna testata italiana, sportiva e non, abbia pensato di contattare Zangrillo per un chiarimento prima che fosse passata un’ora. Che il medico genovese sia un’autorità assoluta al San Raffaele, ospedale in cui di recente era stato ricoverato spesso Raiola, è cosa nota; inoltre, Zangrillo è ormai un personaggio pubblico, di cui ogni grande testata possiede il numero: è stato più volte interpellato dai media per parlare del Covid, delle condizioni di salute del suo assistito Silvio Berlusconi, e di recente è addirittura stato nominato presidente del Genoa.

Il retroscena

Questi sono i fatti, per come finora è stato possibile ricostruirli. Ma la storia non si conclude qui, anzi: per capire come sia stato possibile commettere un simile errore, trasformatosi in una valanga che ha travolto gran parte del giornalismo italiano ed estero, bisogna conoscere bene il contesto precedente alla pubblicazione della notizia.

Si sa che, a gennaio, Mino Raiola era già stato ricoverato due volte al San Raffaele, e in entrambi i casi erano state diffuse informazioni allarmanti sulle sue condizioni. Il 12 gennaio, l’Ansa avvertiva che il procuratore era stato ricoverato d’urgenza al San Raffaele, dove aveva subito un intervento chirurgico. Subito dopo, però, il suo ufficio stampa dichiarava che Raiola era stato “sottoposto a controlli medici ordinari con necessità di anestesia. Si tratta di controlli programmati, non c’è stato nessun intervento d’urgenza”.

La nota agenzia di stampa italiana citava fonti qualificate, senza specificare ulteriormente, ma in quelle ore in varie redazioni d’Italia era arrivata l’indiscrezione secondo cui le condizioni dell’agente di calciatori fossero veramente molto gravi. Notizie ancora più allarmanti erano state diffuse qualche settimana dopo, stavolta sostenendo che Raiola fosse addirittura morto.

La notizia non uscì, ma l’autorevole quotidiano tedesco Bild scrisse il 20 gennaio che il procuratore era stato ricoverato nuovamente al San Raffaele, stavolta in terapia intensiva, a causa di una malattia polmonare non collegata al Covid. Ancora una volta, il fatto venne smentito dal suo ufficio stampa: Raiola era vivo, e non si trovava in terapia intensiva, ma si era solamente sottoposto ad altri controlli programmati da tempo. Il giorno seguente, veniva tranquillamente dimesso dall’ospedale milanese.

Questo vortice di indiscrezioni e smentite ha generato una grande confusione e anche molti sospetti, nella stampa italiana e probabilmente anche straniera, in merito alle effettive condizioni di salute del procuratore. In questi mesi, Raiola era apparso sempre più di rado, e secondo alcuni la sua carriera stava rallentando: alcuni suoi giocatori stavano rendendo meno del previsto (vedi Donnarumma al PSG), altri lo avevano inspiegabilmente mollato (Bernardeschi a novembre 2021, e girava voce che anche Romagnoli fosse sul punto di cambiare agente) e i rapporti con alcuni club (come ad esempio il Milan) si erano incrinati.

Al di là delle versioni ufficiali, delle conferme o delle smentite, si è diffusa tra i giornalisti la convinzione che effettivamente Mino Raiola stesse affrontando gravissimi problemi di salute, che il suo staff cercava di tenere nascosti per tutelarne la privacy e gli affari. Quale che sia la verità, è abbastanza irrilevante, al momento: ma tutto questo contesto ha creato le condizioni ideali perché quacuno decidesse di rinunciare alla verifica della fonte pur di arrivare per primo sulla notizia, considerando piuttosto alta la probabilità della morte del procuratore.

Tutto ciò non giustifica minimamente chi avrebbe potuto e dovuto verificare la notizia prima di pubblicarla, ma aiuta a capire un contesto in cui un’indiscrezione – peraltro smentita in già due occasioni – acquista abbastanza credito nel sottobosco dell’informazione da diventare non una notizia, ma una bozza. Ovvero qualcosa che è in procinto di diventare una notizia, a cui tutti o quasi nel settore credono già, a prescindere dalle informazioni in loro possesso.

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