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A Rafah sono in corso attacchi da parte di Israele che stanno generando critiche a livello mondiale, anche da parte dei calciatori di Serie A

Il mondo del calcio non può restare separato da ciò che gli sta intorno, soprattutto in un momento com questo. I bombardamente sulla Striscia di Gaza vanno avanti ormai da quasi otto mesi, dopo l’attacco di Hamas in Israele: si contano già diverse decine di migliaia di morti, ma da domenica notte la situazione sembra aver raggiunto un punto addirittura più tragico. L’esercito israeliano ha infatti attaccato la zona di Rafah, nel sud della Striscia, dove era presente un campo profughi: l’obiettivo erano due leader di Hamas, ma il bombardamento ha causato la morte di alneno 45 persone innocenti e il ferimento di circa 180. Molti leader politici mondiali e importanti testate giornalistiche, in precedenza più tiepide nel giudizio delle azioni israeliane, stanno fermamente condannando l’assalto a Rafah. E adesso anche i calciatori iniziano a scheirarsi.

Pochissimi lo avevano fatto nei mesi precedenti, ma la brutalità delle immagini che arrivano in queste ore da Gaza sembra aver convinto molti a parlare pubblicamente. Uno dei primi è stato Hakim Ziyech, attaccante marocchino del Galatasaray, che ieri sera era alla festa per il titolo nazionale con una bandiera palestinese. Ma successivamente numerosi calciatori hanno iniziato a ricondividere nelle storie di Instagram un’immagine con la scritta “All eyes of Rafah” (“Tutti gli occhi su Rafah”) per denunciare cosa sta accadendo nella regione. Lo ha fatto il 22enne attaccante senegalese del Chelsea Nicolas Jackson, ma il suo esepio è stato imitato rapidamente da molti altri giocatori europei anche molto noti.

Perfino in Serie A, dove raramente i calciatori parlano di tematiche politiche, tanti si stanno esponendo. La stessa immagine di Jackson è stata ricondivisa sui social di Koffi Djidji e Mergim Vojvoda, giocatori del Torino, da Houssem Aouar della Roma, e dai milanisti Malick Thiaw e Yunus Musah. Una storia simile è stata condivisa anche da un profilo intitolato a Adam Masina, pure lui calciatore del Torino, ma al momento non è chiaro se si tratti davvero del profilo ufficiale del difensore italo-marocchino, dato che ha poche centinaia di follower. Di sicuro, la rapida diffusione di questa immagine – facilmente condivisibile nelle proprie storie Instagram dopo averla visto su un altro profilo – testimonia come la condanna dell’aggressione di Rafah si oggi divenuta un tema molto sentito a livello internazionale, al punto da toccare anche una categoria generalmente poco schierata come quella dei calciatori professionisti.

Calciatori pro Palestina: la difficoltà di schierarsi prima di Rafah

Nel corso degli anni, molti calciatori professionisti, anche molto famosi, hanno preso posizione in favore della Palestina, da Ryad Mahrez a Mohamed Salah, fino soprattutto ad Achraf Hakimi e a tutto il Marocco durante i Mondiali in Qatar. Dopo il 7 ottobre, questo tipo di sostegno è stato molto più raro, probabilmente a causa dell’attacco iniziale di Hamas contro Israele. Lo stesso Salah ha ricevuto critiche in Egitto per il suo silenzio, e ha dovuto diffondere un messaggio in cui, con toni molto equilibrati, chiedeva la pace e inviatava a sostenere associazioni umanitarie come la Mezzaluna Rossa.

Il sostegno alla Palestina è costato caro ad alcuni calciatori. Youcef Atal del Nizza è stato sospeso del suo club per aver condiviso online un post con contenuti antisemiti: ha dovuto trovarsi una nuova squadra (oggi gioca in Turchia all’Adana Demirspor) e nel frattempo ha ricevuto una condanna in Francia a 8 mesi. Ha fatto molto discutere anche il caso di Anwar El Ghazi, licenziato dal Mainz per un messaggio online in cui utilizzava lo slogan “From the river to the sea, Palestine will be free” (“Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera”). Non sono però mancate prese di posizione che non hanno suscitato reazioni così dure: lo scorso novembre, Aissa Mandi e Ilias Akhomach del Villarreal si sono rifiutati di partecipare a un minuto di silenzio per le vittime del 7 ottobre prima di una partita, lamentandosi perché non venivano ricordate anche le successive vittime palestinesi. Nessuno dei due ha ricevuto sanzioni per questa presa di posizione, così come non è successo niente a Sam Morsy, capitano dell’Ipswich Town che si è presentato alla festa promozione della sua squadra in Premier League indossando un bandiera palestinese, a inizio maggio. In Serie A, quasi nessuno aveva mai parlato della situazione a Gaza, se non a fine novembre l’allora allenatore dell’Empoli Aurelio Andreazzoli, che si era lamentato del fatto che il mondo del calcio restasse in silenzio davanti alle immagini che arrivavano dalla Palestina.

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