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Perché Maradona anche dopo Qatar 2022 è ancora meglio di Messi

NotiziePerché Maradona anche dopo Qatar 2022 è ancora meglio di Messi

Perché Maradona anche dopo Qatar 2022 è ancora meglio di Messi, nell’ennesima riproposizione di questo paragone infinito. 

Ora che anche Leo ha vinto il suo mondiale possiamo tirare meglio le somme tra questi due fuoriclasse assoluti della storia del calcio.

Maradona Messi in cima al mondo

Finalmente un’ossessione che forse attanagliava più gli addetti ai lavori che i diretti interessati è stata cancellata: Messi ha vinto il mondiale, come Maradona. Stessa maglia numero 10, stessa fascia di capitano.

Adesso sì, siamo pari. E dopo aver vissuto entrambe queste situazioni, o forse proprio per questo motivo, il paragone per una volta può essere fatto partendo da basi concrete e non cercando segni miracolosi o coincidenze paranormali.

Cominciamo sfatando alcuni miti, il primo dei quali è che l’Argentina del 1986 fosse una squadra sostanzialmente di scappati di casa trascinata da Diego al successo finale. Nulla di più irrispettoso visto che in rosa c’era gente come Valdano, campione di Spagna e in Coppa Uefa col Real Madrid.

Senza contare compagni come Pumpido, Giusti, Burruchaga e Batista, campioni del Sudamerica nei rispettivi club con una Libertadores in bacheca. Poi che giocassero un calcio sparagnino è possibile, ma quello è un altro discorso in un torneo che comunque fa storia a sé come il mondiale.

Messi ha giocato cinque mondiali vincendo all’ultimo tentativo, con generazioni e compagni i più diversi possibili. Iniziò nel 2006 quando c’erano ancora Samuel e Ayala, attuali vice di Scaloni, e ha finito con ragazzi molto più giovani di lui come Julian Alvarez o Enzo Fernandez.

In mezzo ha avuto Higuain, Aguero, Mascherano e compagnia bella (e vincente), del tutto paragonabile ai compagni di squadra di Maradona nel corso dei suoi quattro mondiali. O forse è meglio dire tre e mezzo, ricordando il modo in cui uscì di scena, positivo a un controllo antidoping, nel 1994.

Maradona Messi i numeri non sono tutto

Lionel Messi a luglio ha compiuto 35 anni e ha ancora davanti a sé, sulla carta, altre stagioni ad alto livello. Maradona alla stessa età era già quasi un ex calciatore, nella sua ultima avventura con il Boca Juniors dopo la squalifica per doping e le esperienze non proprio eccezionali con Siviglia e Newell’s Old Boys.

Inutile soffermarsi sulla differenza di attitudini di atleta tra questi due fuoriclasse. Leo nel corso della sua carriera non è mai uscito dalle righe, non ha mai avuto un momento extra-calcistico “scandaloso” e anche gli infortuni sono sempre stati pochi, in proporzione ai colpi che ha preso.

Anche per questo motivo ha accumulato oltre mille presenze da professionista in circa venti stagioni, a differenza di Diego che tra club e nazionale si è fermato a 695. Erano anche tempi in cui i calendari erano meno affollati e le competizioni molto più esclusive rispetto ad oggi.

Per esempio, col Napoli avrebbe giocato almeno tre Coppe dei Campioni in più, quando era arrivato secondo in campionato nel 1987-88 e nel 1988-89 o terzo nel 1985-86. Ma all’epoca in quella competizione ci andavano i detentori o i vincitori delle leghe nazionali, mentre gli altri in Coppa Uefa.

Messi invece ha sempre e solo giocato in Champions League, in Europa, anche quando il Barcellona non aveva vinto la Liga o non era campione in carica. Altri palcoscenici, dunque, e migliori possibilità ma non per colpa sua naturalmente.

Maradona Messi il mito

L’amore degli argentini per “El Diez” va molto al di là del calcio e in questo né Leo né nessun altro potrà mai arrivare allo stesso livello.

“La Pulce” è il simbolo stesso del pallone, un ragazzo che nonostante i problemi fisici che lo avevano colpito durante l’infanzia è riuscito a diventare un’icona straordinaria a livello mondiale, il calciatore più calciatore che si possa immaginare.

Diego segnò di mano agli acerrimi nemici dell’Argentina, agli inglesi, nella stessa partita del mondiale 1986 in cui tirò fuori dal cilindro il “gol del secolo”, partendo da metà campo, dribblando mezza squadra avversaria e infilando il 2-0.

In più eliminò l’Italia padrona di casa nel 1990 a Napoli, la sua città, che riuscì a “mettere contro” gli azzurri grazie a un sapiente gioco psicologico. Per non parlare dei due scudetti e della Coppa Uefa vinti sotto il Vesuvio, un’impresa eccezionale con pochi eguali nella storia recente. Di fatto mise lui il Napoli sulla mappa del calcio italiano ed europeo, mentre Messi tra Barcellona e Psg è sempre rimasto ad alto livello.

Maradona è stato un gigantesco romanzo popolare, anche fuori dal rettangolo di gioco.  Quale altro allenatore sarebbe rimasto comunque nei cuori dei tifosi pur perdendo 4-0 un quarto di finale di un mondiale come nel 2010 quando l’Argentina venne sculacciata dalla Germania?

A quale altro grande campione potrebbero dedicare un documentario “rock” come quello del 2008 di Emir Kusturica, altro “irregolare” del suo ambiente, cioè il cinema? Con Manu Chao a intitolargli una canzone, “La vida tombola“, “Se io fossi Maradona vivrei come lui”.

Insomma, “El Pibe de Oro” è di un altro pianeta, nel bene e nel male, non solo per Messi ma per chiunque. Leo lo si potrebbe paragonare a un quadro del Rinascimento, perfetto e senza pecche, mentre Diego è un Caravaggio, che dipingeva prendendo come modelli gente della strada e che ebbe una vita leggermente tormentata.

E continuare con questi paragoni, che si spera finiranno a breve, è stato solo un esercizio di stile.

 

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