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Numeri alla mano, la Serie B italiana non è affatto competitiva

In Primo PianoNumeri alla mano, la Serie B italiana non è affatto competitiva

Secondo alcune statistiche, la Serie B italiana vive un momento di crisi testimoniato dalla poca competitività delle neopromosse in A

Empoli, Salernitana e Venezia hanno cominciato da qualche settimana il ritiro estivo che le porterà ad affrontare una nuova stagione in Serie A. Se per i toscani la massima categoria non è una novità – dopo essere retrocessi ci hanno messo solo due stagioni a tornare su -, per le altre due neopromosse si parla di un ritorno a circa vent’anni dall’ultima volta.

Tanto, troppo, soprattutto per due piazze calde, per due stadi a loro modo affascinanti come l’Arechi e il Penzo, ma soprattutto per due città italiane molto importanti non solo dal punto di vista sportivo, ma anche turistico e strategico. Eppure fare calcio in provincia è complicato, come dimostra una Serie B – numeri alla mano – sempre meno competitiva.

empoli
Fonte immagine: @empoli_fc_official (Instagram)

Serie B, i numeri (impietosi) delle neopromosse

Al di là delle considerazioni prettamente personali, ci sono numeri che attestano come la Serie B non sia affatto un campionato allenante e formativo. Prendendo l’ultimo decennio come campione, soltanto l’Hellas Verona di Juric al primo anno in A è riuscita ad andare oltre il decimo posto da neopromossa.

Per trovare le ultime matricole capaci di qualificarsi in Europa, invece, bisogna andare indietro di quindici anni, quando una volta risalite dalla cadetteria Juventus e Napoli strapparono il pass per le competizioni internazionali.

Allargando il periodo agli ultimi tre lustri, solo Empoli, Atalanta e Parma sono state capaci di emulare il Verona, piazzandosi all’ottavo posto tra il 2006 e il 2010. Per il resto, nello stesso arco si vede come soltanto tre neopromosse su quindici retrocessero al primo colpo, mentre il numero aumenta esponenzialmente in periodi più recenti.

Nei successivi sei anni ci furono infatti sette retrocesse su diciotto, con nessuna squadra capace di andare oltre il decimo posto. Negli ultimi cinque anni la percentuale di retrocessioni da parte di neopromosse è ulteriormente aumentata: dieci su quindici, solo una oltre il decimo posto.

salernitana serie a
Fonte: @ussalernitana1919official (Instagram)

L’Italia è un caso unico

Confrontando il dato con l’ultimo decennio di Premier League, Liga e Ligue 1 si nota facilmente come l’Italia e la sua Serie B, in tal senso, siano praticamente un unicum. Nell’ultimo decennio inglese in dodici hanno fatto il percorso inverso alla prima stagione.

Due di queste sono finire nella parte altra della classifica al primo colpo: il Wolverhampton 2018/19, con qualificazione ai premilinari di Europa League, e lo Sheffield United, nono nella stagione 2019/20.

In Liga la percentuale di neopromosse con retrocessione al primo colpo scende sotto il 30%. Solo otto in dieci anni, contando anche quella dell’Eibar poi salvato dal fallimento dell’Elche. Due le qualificazioni all’Europa League per le neopromosse: il Villarreal del 2013/14 e il Granada del 2019/20.

In Ligue 1, infine, su ventisette neopromosse (da tre anni ormai la terzultima gioca lo spareggio contro la terza di Ligue 2) si contano otto retrocesse. Il miglior risultato stabilito dalle neopromosse è un secondo posto del Monaco e la vittoria della Coppa di Francia del Guingamp datata 2014.

Cosa dovrebbe cambiare

Quindi sì, la Serie B vanta questo primato ed è un problema che, prima o poi, i vertici del calcio italiano dovranno affrontare. Quali sono le possibili soluzioni? In primis, riduzione delle squadre professionistiche, portando finalmente Serie A e cadetteria al format con 18 squadre.

In secondo luogo potrebbe essere interessante introdurre un playout come in Francia, in modo tale da avere una A con sole due retrocesse, premiando di più e meglio chi va avanti nelle coppe nazionali.

La terza via, sul modello tedesco, potrebbe essere quella di creare una federazione unica per Serie A e Serie B, con dividendi che vengono spartiti tra più squadre e entrate che, per la cadetteria, potrebbero aumentare esponenzialmente, in modo da rendere i club più competitivi sul mercato.

Si farà? Difficile, perché poi subentrano alcune questioni politiche che col calcio hanno poco a che fare. Ma, prima o poi, il problema della mediocrità del sistema italiano andrà affrontato. Seriamente.

 

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