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Scontri tra ultras sulla A1: cosa è successo e cosa rischiano Roma e Napoli

In Primo PianoScontri tra ultras sulla A1: cosa è successo e cosa rischiano Roma e Napoli

Scontri tra ultras in autostrada, oggi lunga la A1: coinvolti i tifosi della Roma e del Napoli. Cosa è successo, e cosa rischiano i due club? Spieghiamo bene.

Autostrada del Sole completamente bloccata e 13 km di coda. Non sarebbe una notizia da sito di sport, se non fosse che il motivo alla base del disagio verificatosi oggi pomeriggio ci sono gli ultras di Roma e Napoli. I giallorossi erano diretti a Milano per la gara contro il Milan, mentre i secondi andavano a Genova per il match con la Sampdoria. I due gruppi, però, si sono incrociati, dando origine a scontri e violenze. Cerchiamo di spiegare allora cosa è successo esattamente e i motivi dell’accaduto, ma anche se potrebbero esserci ripercussioni per le società coinvolte.

Scontri tra ultras in autostrada: cosa è successo

È successo oggi, domenica 8 gennaio, intorno alle ore 14.00, nel tratto dell’A1 tra Monte San Savino e Arezzo, nella zona dell’Autogrill di Badia al Pino, lo stesso in cui l’11 novembre 2007 l’agente di polizia Luigi Spaccarotella sparò e uccise il 26enne tifoso della Lazio Gabriele Sandri.

I primi a giungere nell’Autogrill erano stati i tifosi napoletani, una carovana di oltre 30 veicoli, secondo quanto riportato dalla Gazzetta dello Sport: il punto di sosta era stato precedentemente predisposto dalle forze dell’ordine in quel punto. Ma proprio in quel momento erano passati sull’autostrada alcuni van di tifosi della Roma, subito bersagliati da sassi e fumogeni da parte dei sostentori napoletani. Alcuni veicoli si sono dunque fermati al bordo della carreggiata, e circa 150 tifosi giallorossi si sono diretti a piedi verso l’area di sosta per affrontare i partenopei.

La ricostruzione della Questura di Arezzo parla di un vero e proprio agguato organizzato dagli ultras del Napoli contro quelli della Roma, che è poi degenerato fino a bloccare tutto il tratto dell’autostrada. Gli scontri sono avvenuti con spranghe, cinghie e bastoni, e risultano diversi feriti lievi; ci sarebbe anche un tifoso ferito da un’arma da taglio, che sarebbe stato trasferito in codice giallo all’ospedale di Arezzo.

Le due tifoserie sono storicamente legate dal cosiddetto Derby del Sole, ma sono state anche a lungo gemellate. Negli ultimi anni, però, i rapporti sono cambiati radicalmente. Secondo molti, l’evento scatenante risalirebbe all’incontro del 25 ottobre 1987, quando l’allora giocatore del Napoli Salvatore Bagni rivolse un gesto dell’ombrello alla Curva Sud romanista. Ma il vero momento di crisi è avvenuto di sicuro il 3 maggio 2014, in occasione della finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli, giocata allo Stadio Olimpico di Roma. In quell’occasione di verificarono alcuni scontri, quando alcuni ultras della Roma assalirono un pullman di tifosi campani; uno dei primi, Daniele De Santis, estrasse una pistola e sparò ferendo gravemente il giovane Ciro Esposito, poi morto in ospedale.

Scontri tra ultras: cosa rischiano Roma e Napoli

Molti tifosi si domandano se, a questo punto, Roma e Napoli possano rischiare qualcosa, visto che i propri tifosi sono stati coinvolti in questi scontri. La risposta è ovviamente no: gli scontri sono avvenuti molto al di fuori dagli stadi, e le due società non possono in alcun modo essere ritenute responsabili degli incidenti. Il Codice di giustizia sportiva parla infatti espressamente solo di fatti avvenuti “sia all’interno dell’impianto sportivo, sia nelle aree esterne immediatamente adiacenti”.

Ovviamente le persone coinvolte, attualmente identificate e sottoposte alle indagini delle forze dell’ordine, rischiano singolarmente dei provvedimenti della giustizia ordinaria. In linea teorica non dovrebbero esserci conseguenze sportive come divieto di trasferte, a meno che non intervenga direttamente il governo con un atto ad hoc. È quello che accadde nel 2008 a causa sempre di scontri tra romanisti e napoletani avvenuti lontano dallo stadio, quando ai tifosi partenopei venne appunto vietata la trasferta.

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