Perché la Roma ha un po’ di problemi (di scelta) in attacco

La lite tra Dzeko e Fonseca ha aperto delle crepe in casa Roma, il cui attacco pone diversi interrogativi che solo il portoghese può risolvere

La sconfitta di Torino contro la Juventus ha riacutizzato alcuni malumori in casa Roma. Ancora una volta, i giallorossi hanno fallito l’appuntamento della vittoria contro una squadra di alta classifica, continuando così nel record negativo di non aver ancora mai battuto una delle sei altre grandi del campionato in questa stagione.

La cosa è senza dubbio indicativa, perché se un indizio è un caso e due fanno una prova, al terzo suggerimento il problema diventa ufficiale e andrebbe risolto. Condizionale d’obbligo, perché per la Roma è più facile dirlo che farlo. Per questo motivo, da mesi, Paulo Fonseca è finito al centro di un fuoco incrociato sparato da critica e tifosi, con la squadra che è sì ancora in corsa per due obiettivi stagionali su tre, ma la sensazione è che la situazione possa deflagrare improvvisamente.

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Fonte Immagine: @officialasroma (Instagram)

La Roma ha un problema in attacco?

Nella partita contro la Juventus, nella fattispecie, a spiccare è stato il il dato dei tiri tentati, oltre 20, al fronte di zero parate di Szczesny. Una poca efficacia offensiva preoccupante, che dovrebbe portare Fonseca a fare delle riflessioni. La Roma ha un problema in attacco? La logica direbbe di no, visto che attualmente quello dei giallorossi è il quarto attacco della Serie A e, di recente, prima di chiudere a zero contro la Juventus, Pellegrini e compagni avevano seppellito di gol Hellas e Spezia.

Come accennato in precedenza, però, ci sono due tipi di Roma. Da una parte, quella che gioca con le medio-piccole, una compagine da percorso netto nel vero senso della parola – contro le squadre dall’ottavo posto in giù la squadra di Fonseca ha perso soltanto contro il Verona, ma a tavolino -, ma dall’altra c’è la timida squadra che non riesce a vincere uno scontro diretto.

Effettivamente, i numeri realizzativi contro le big sono impietosi: considerando le sei big della Serie A, la Roma a oggi ha realizzato solo 8 gol, la maggior parte inutili ai fini del risultato. Problemi di singoli? Forse, ma anche di approccio, perché oltre ai numeri già snocciolati bisogna dire che la fase difensiva – per essere una squadra dalle velleità di un certo tipo – è da metà classifica scarsa, per meccanismi e reti subite.

Il caso Dzeko ha influito

Ovviamente il caso legato a Dzeko ha avuto delle ripercussioni importanti in negativo. Il centravanti bosniaco non ha un buon rapporto con Fonseca: i due hanno litigato, si sono scontrati così vigorosamente che il portoghese ha chiaramente ammesso di non voler più avere a che fare con il suo numero 9. Poi l’allarme è rientrato grazie a una profonda ricucitura da parte della dirigenza, ma l’impressione è che sia più una pace politica che altro.

Dzeko, volenti o nolenti, è però una pietra angolare della squadra, uno dei maggiori cannonieri della storia giallorossa nonché un attaccante dalle indubbie caratteristiche, nonostante età e prospettive. Lo sa lui, lo sa Fonseca ma lo sa, soprattutto, anche la Roma, che nelle ultime sessioni di mercato non solo gli ha chiuso le porte per una possibile partenza, ma addirittura due anni fa gli ha offerto il rinnovo. A gennaio si era parlato di un’ipotetica partenza e, oggi, in tanti si interrogano giustamente sulle motivazioni del bosniaco.

Il modulo migliore

Arrivando a Roma Paulo Fonseca ha portato in dote il 4-2-3-1, una sorta di prosecuzione del modulo utilizzato da Luciano Spalletti durante le sue esperienze nella capitale. Dzeko sulla carta è l’ovvio terminale offensivo, ma di recente nella Roma si è ritagliato uno spazio importante Borja Mayoral. Le buone prestazioni dello spagnolo – che, va detto, non è comunque un bomber di razza – hanno portato l’universo giallorosso a chiedersi se la squadra non giocherebbe meglio con due punte.

In effetti, Dzeko in passato ha reso sempre molto bene con un compagno di reparto in grado di giocargli vicino (Aguero al Manchester City, Grafite al Wolfsburg) ma, aggiungendo un attaccante, Fonseca dovrebbe rinunciare alla maggior parte di esterni e trequartisti che gli sono stati messi a disposizione dal club. Ultimo, ma per importanza, El Shaarawy, appena rientrato dalla Cina. Ecco che quindi il 3-4-1-2 non sembra un sistema utilizzabile con continuità.

Viceversa, una soluzione intermedia potrebbe essere rappresentata dal 3-4-3, con Mkhitaryan che parte decentrato per poi buttarsi negli spazi aperti da Dzeko o Mayoral, con Pedro – quando rientrerà – e Carles Perez a giocarsi un posto sulle fasce al pari dell’italo-egiziano. In questo caso, Pellegrini potrebbe scalare nel suo ruolo naturale, quello di centrocampista centrale, affiancato da Veretout o Villar, garantendo più qualità qualche metro più indietro. Insomma, Fonseca ha una rosa che permette ragionamenti, ma non è detto che tutti siano funzionali o apportino migliorie.

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Andrea Bracco
Andrea Bracco
Cuneese, ha fondato il primo sito di calcio sudamericano in Italia e collaborato con diverse realtà editoriali di importanza nazionale, come Ultimo Uomo e Rivista Undici. Liga e Sudamerica le sue stelle polari, il calcio minore la sua debolezza.

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