Una coccinella può mai diventare Israele in Nations League? No, non siamo in campagna elettorale negli Usa per Trump. Eppure c’è nel calcio degli ultimi anni, o meglio fronte UEFA, una curiosità che apparentemente ha a che fare con la politica: perché Israele partecipa alla Nations League? La nazionale israeliana, nonostante geograficamente appartenga al Medio Oriente, compete nelle competizioni europee da decenni. La ragione di ciò risiede in motivazioni storiche e geopolitiche
Negli anni ’70, Israele fu escluso dalla Confederazione Asiatica di Calcio (AFC) a causa di tensioni politiche con molti paesi arabi, che si rifiutavano di affrontare la squadra israeliana. Dopo questa esclusione, la nazionale cercò un nuovo contesto in cui poter competere, provando temporaneamente altre confederazioni come quella oceanica. Tuttavia, nel 1994 Israele venne ufficialmente ammesso alla UEFA, l’organo calcistico europeo, che garantì alla squadra la possibilità di partecipare a competizioni come le qualificazioni agli Europei e la nascente Nations League.
La UEFA decise di accogliere Israele per consentire alla nazionale di competere in un ambiente calcistico stabile, lontano dalle tensioni geopolitiche che avrebbero potuto compromettere il regolare svolgimento delle partite. Da allora, Israele ha partecipato a tutte le principali competizioni europee per nazionali, incluse le qualificazioni ai Mondiali, gli Europei e la Nations League.
La Nations League offre alla squadra israeliana un’opportunità in più per misurarsi contro le migliori nazionali europee, migliorando il livello di competizione e creando nuove possibilità di qualificazione agli Europei. Per Israele, giocare in questo contesto rappresenta non solo una scelta obbligata, ma anche un’opportunità di crescita sportiva.