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Perché Neymar si è messo a fare politica per Bolsonaro

In Primo PianoPerché Neymar si è messo a fare politica per Bolsonaro

Ormai Neymar ha messo chiaramente in evidenza le sue simpatie politiche per l’attuale Presidente del Brasile Jair Bolsonaro, impegnato nella rielezione: perché?

Sulla carta, fino a qualche tempo, sembrava che i due non potessero essere più distanti, e invece nell’ultimo mese qualcosa è palesemente cambiato. Oggi, il principale sponsor di Jair Bolsonaro, controverso Presidente di destra del Brasile spesso criticato per le sue posizioni razziste, è proprio la stella del PSG e della Seleção.

Bolsonaro è impegnato nella campagna per la rielezione (il 30 ottobre si vota al ballottaggio, con il Presidente in carica che al primo turno ha preso il 43,2%, mentre il suo rivale di sinistra Lula è arrivato al 48,4), e ieri è arrivato a organizzare una diretta su YouTube proprio assieme a Neymar, che ha fatto molto discutere.

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Perché Neymar sta con Bolsonaro

La vicinanza dell’asso del PSG al Presidente è nota già da qualche settimana: pochi giorni prima del voto del 2 ottobre, Neymar aveva diffuso un video in cui ballava sulle note della canzone della campagna elettorale di Bolsonaro, invitando a votare per la sua lista, indicata dal numero 22.

Dal punto di vista politico, è abbastanza facile comprendere perché il Presidente voglia O Ney dalla sua parte: è il più famoso calciatore del Brasile, amatissimo dai giovani (del cui voto Bolsonaro ha molto bisogno, visto che al momento sembrano propendere più per Lula). Non è una novità che il candidato della destra faccia affidamento sul calcio e i suoi campioni per ottenere maggiore consenso: la stessa cosa era già successa alle elezioni del 2018.

Più difficile, a prima vista, capire perché Neymar stia dalla parte di Bolsonaro. L’attaccante del PSG si è spesso schierato contro il razzismo, e durante la Copa America del 2021 si era parlato di una certa ostilità della Nazionale allenata da Tite verso il Presidente, che aveva spinto per portare il torneo in Brasile nonostante la grave situazione della pandemia nel Paese.

Le cose, però, come abbiamo visto sono cambiate di recente. Neymar non ha spiegato pubblicamente i motivi della sua scelta, ma si è difeso da chi lo attaccava in maniera piuttosto polemica: “Parlano di democrazia ma poi attaccano chi ha un’opinione diversa dalla loro” aveva scritto su Twitter.

In realtà, un’opinione molto diffusa in Brasile è che Neymar abbia accettato di sostenere Bolsonaro per tornaconto personale, a causa dei suoi problemi col fisco. Lo stesso Lula, nei giorni scorsi intervistato da Flow Podcast, ha confermato la teoria: “Penso che abbia paura che, se dovessi vincere le elezioni, saprò cosa gli ha perdonato Bolsonaro del suo debito d’imposta sul reddito. Penso che sia per questo che ha paura di me”.

I problemi fiscali di Neymar

Che Neymar abbia problemi col fisco è una storia vecchia, anche se mai risolta. Sono iniziati nel settembre 2015, quando un tribunale federale brasiliano ha imposto il sequestro di 42 milioni di euro del giocatore, accusandolo di evasione fiscale in relazione al suo trasferimento dal Santos al Barcellona del 2013.

Il processo è andato avanti, e pochi mesi dopo l’attaccante verdeoro fu condannato a pagare 47 milioni di euro al fisco brasiliano. Nell’estate 2019 ha quindi subito il sequestro di ben 36 beni immobili, e una nuova condanna a pagare 19 milioni di euro per le tasse evase. Nel frattempo, però, nel 2018 Bolsonaro era stato eletto Presidente, e gradualmente la questione del processo per evasione contro Neymar andò scemando. Forse perché nell’aprile 2019 il padre di Neymar incontrò il Presidente e il Ministro dell’Economia, a quanto pare per discutere proprio dei problemi fiscali del figlio.

Da allora dei debiti di Neymar col fisco in Brasile non si è più parlato, almeno fino a quando l’attaccante del PSG non ha espresso la sua vicinanza politica a Bolsonaro. Nel frattempo, però, contro di lui è emersa una nuova inchiesta, stavolta in Spagna: di mezzo c’è sempre il suo passaggio al Barcellona, che secondo la giustizia iberica sarebbe stato accompagnato da un frode da 8,4 milioni di euro.

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