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Il Parma ha ottenuto la promozione in Serie A dopo due stagioni tra i cadetti. Merito anche dell’allenatore Fabio Pecchia, e di un progetto ambizioso.

La conquista del campionato di Serie B non è ancora sicura, dato che il Como insegue a 3 punti di distanza, ma ora il Parma è perlomeno sicuro di disputare la prossima stagione nella massima serie italiana. Un risultato che i tifosi possano certificare la fine degli anni cupi seguiti al drammatico crack Parmalat, da cui il club emiliano è passato dall’essere una delle società più forti d’Europa a una instabilità societaria perenne. Nel settembre 2020, l’arrivo della famiglia statunitense Krause alla proprietà del club parmense aveva fatto ben sperare, eppure al termine della stagione il club era scivolato in B, chiudendo poi addirittura dodicesimo nell’annata seguente. Nell’estate del 2022, però, la rotta è stata invertita, con la chiamata di Fabio Pecchia in panchina.

Il 50enne allenatore di Formia è stato l’uomo della Provvidenza, in quel di Parma, scommettendo su un progetto in un momento non semplice: gli emiliani dovevano conquistarsi il ritorno in Serie A, che Pecchia aveva appena ottenuto con la Cremonese. Eppure, scelse di separarsi dai lombardi e restare nella serie cadetta, compiendo una scelta tutt’altro che scontata. Come allenatore, Pecchia sta cercando di andare oltre quella che è stata la sua carriera in campo: un brillante talento ma incapace di confermarsi nel tempo. Da giovane tecnico è stato il promettente vice di Rafa Benitez al Napoli, al Real Madrid e poi ancora al Newcastle, poi nel 2017 col Verona aveva ottenuto la sua prima promozione in Serie A, senza però riuscire a salvare gli scaligeri dalla successiva retrocessione. A quel punto la sua carriera da allenatore ha preso una traiettoria molto strana, portandolo a una breve esperienza nella seconda divisione giapponese, e poi alla Juventus U23 in Serie C, dove però aveva messo in bacheca una Coppa Italia di categoria (l’unico trofeo mai vinto dalla seconda squadra bianconera).

Cremona è stata il suo rilancio, e Parma, con la terza promozione in sette anni, potrebbe essere la consacrazione. Già l’anno scorso aveva sfiorato l’impresa, perdendo la finale dei play-off contro il Cagliari di Ranieri, ma quest’anno gli emiliani sono saliti direttamente in Serie A. Non hanno lesinato in spese, i Krause, per costruire un Parma competitivo nella serie cadetta ma potenzialmente anche in quella maggiore: 11 milioni nel 2021 per Dennis Man, 10,5 per Lautaro Valenti, 8,4 per Andreas Cornelius, 7,6 per Wylan Cyprien, 5,7 per Gennaro Tutino, 2,9 per Antonio Colak. Ironicamente, oggi solo Man è un giocatore su cui Pecchia intende fare seriamente affidamento, mentre gli altri sono o relegati in panchina o andati altrove.

I veri colpi sono stati allora giocatori costati poco, come Ange-Yoan Bonny o Adrian Benedyczak (11 gol in questa stagione), se non addirittura arrivati a parametro zero, come l’esperto Leandro Chichizola e, soprattutto, il numero 10 Adrian Bernabé, passato dai settori giovanili di Barcellona e Manchester City. Pecchia ha saputo, in queste due stagioni, valorizzare una squadra giovane: degli undici giocatori più utilizzati della rosa, otto non superano i 25 anni, e uno è anche un prodotto del vivaio emiliano (Alessandro Circati). Qualla crociata è la terza rosa con l’età media più bassa della categoria. E soprattutto sono tutti assolutamente giocatori del Parma: nessun componente della squadra è in prestito. Un dettaglio, ma fondamentale per capire le ambizioni della società.

Come gioca il Parma di Pecchia

A Parma, Fabio Pecchia ha ripreso l’ottimo lavoro messo in campo alla Cremonese. Ha riproposto il suo 4-2-3-1, che in Lombardia aveva imposto all’attenzione generale giocatori come Carnesecchi, Fagioli e Gaetano, e al posto del giovane centrocampista juventino ha scelto Bernabé come elemento attorno a cui organizzare la manovra offensiva. Ma allo stesso tempi, il tecnico dei crociati ha rinnovato il suo approccio, evolvendo il suo gioco da una stagione all’altra. L’anno scorso, il Parma era una delle squadre che faceva più possesso palla in Serie B, mentre in questo i numeri si sono drasticamente abbassati, in favore di un gioco più diretto e verticale.

Gli altri giocatori fondamentali sono i due rumeni, Mihaila e Man. Quest’ultimo, miglior realizzatore della squadra e nominalmente ala mancina, si accentra spesso e diventa un rifinitore o una mezza punta, a seconda della necessità. Mihaila, invece, segue la corsia di destra, ma scendendo fino a centrocampo e spesso accentrandosi in quella fase, partecipando soprattutto alla pressione sugli avversari. Questo impianto, già ben rodato e con intepreti che hanno ancora margini di miglioramento, è adesso pronto a essere riproposto l’anno prossimo in Serie A con pochissimi innesti ulteriori.

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