La finale di Champions League tra Inter e Paris Saint-Germain è iniziata in un clima teso, con entrambe le squadre a caccia del controllo immediato del campo. Il pubblico di Monaco ha percepito subito il peso della partita, tra urla, contrasti duri e un ritmo vertiginoso già nei primi istanti. La pressione sugli uomini di Inzaghi era evidente, con il PSG intenzionato a imporre la propria presenza sin dal primo pallone giocato.
A sorprendere tutti è stata la scelta dei parigini al calcio d’inizio: niente giro palla o ricerca immediata della profondità, ma un lancio diretto nella metà campo dell’Inter da parte di Vitinha, finito in fallo laterale a pochi metri dalla porta di Sommer. In diretta su Sky, Fabio Caressa lo ha definito «un tocco battuto in maniera orribile», ma dietro quel gesto c’era una strategia ben precisa. Luis Enrique aveva studiato la situazione e richiesto ai suoi di forzare subito la partita in una zona delicata per i nerazzurri, alzando la pressione e spingendo l’Inter a difendersi nella propria trequarti. Non un errore, dunque, ma un segnale lanciato alla squadra di Inzaghi per farle capire quale sarebbe stato il copione della serata.
Il piano del tecnico spagnolo ha avuto subito effetto: il PSG ha preso in mano il pallino, ha soffocato le fonti di gioco interiste e imposto un ritmo alto per impedire alla squadra di Inzaghi di costruire. La manovra nerazzurra è rimasta spezzata, con Calhanoglu e Barella costretti a rincorrere e difendere anziché gestire il pallone. Luis Enrique ha puntato sui nervi, sulla velocità e sulla pressione alta, consapevole di poter spostare l’inerzia della gara fin dai primissimi secondi. E per buona parte della partita, la sua Interdizione iniziale ha funzionato.