martedì, Aprile 30, 2024

A Barcellona c’è un ambiente tossico 

Calcio EsteroA Barcellona c’è un ambiente tossico 

Il Barcellona è un club particolare, in cui politica e cultura si mescolano generando enorme pressione su tutti coloro che ne fanno parte, allenatore incluso

Quando si parla di “Entorno” a Barcellona si intende il contesto in cui il club si è sviluppato, l’ecosistema nato dalla crescita che la squadra ha avuto dagli anni dieci di questo millennio e da tutte le figure e le realtà che assorbono dal club e dalla sua storia linfa vitale per continuare a prosperare. Ci riferiamo in questo caso a giornali, giornalisti, opinionisti, influencer, tifosi, e a piattaforme come televisioni, giornali, social media, telefonini o lettere scritte a mano. Un coacervo di opinioni, idee, speranze e passioni che si condensano nella tessera del club, viatico per ottenere la possibilità di votare il presidente del Barcellona ogni cinque anni, partecipando a quella che a tutti gli effetti è una votazione politica prima ancora che sportiva. Un simile ambiente è quanto di meno adatto possa esistere alla gestione di un club di fama e ambizioni internazionali, i cui obiettivi economici e sportivi vanno di pari passo e la cui crescita dall’arrivo di Leo Messi in avanti ha spostato l’asticella dei successi finanziari e calcistici un po’ troppo oltre le normali possibilità di un club in cui l’argentino non gioca più.  

Un caos incredibile che ha reso la vita complicatissima a Xavi, costringendolo ad annunciare il suo addio al termine della stagione dopo la sconfitta contro il Villarreal di fine gennaio. L’”Entorno” avrebbe vinto anche questa volta secondo le parole di Xavi, che ha sottolineato come il Barcellona non possa avere un manager di lungo corso come Sir Alex Ferguson fu per il Manchester United: le pressioni sono troppe, l’ambiente è troppo coinvolto, il numero di notizie che arrivano giornalmente, di commenti, di discussioni è così alto da rendere impossibile una condizione serena della squadra e tutto qerusto si è amplificato con i social media. 

Il The Athletic ha raccontato ottimamente questo concetto in due articoli riguardo l’addio di Xavi e le confessioni di un membro dello staff di Guardiola: il club è affetto da un ambiente tossico, il cui “rumore” è talmente forte da non poter essere ignorato. Per questo motivo ogni addio recente è stato corredato da relazioni tese e rapporti deteriorati tra il tecnico di turno e uno o più soggetti coinvolti come presidenza, dirigenti, squadra, tifosi, giornalisti, e perfino magazzinieri. Xavi è rimasto travolto da questo tritacarne mediatico e culturale nonostante – esattamente come Guardiola – sia cresciuto ne La Masia e sia una leggenda di questo club. Il credito derivato dalla sua storia con la maglia blaugrana si è però esaurito in fretta e le difficoltà sportive hanno fatto emergere un’insoddisfazione di fondo ingiustificata. 

Parliamoci chiaramente: il Barcellona di oggi non è quello allenato da Guardiola e la colpa non è sicuramente di Xavi. Con diversi problemi finanziari e una società alle spalle alla costante ricerca di un equilibrio politico prima che sportivo, le difficoltà di mettere insieme una squadra competitiva ai livelli richiesti si sono fatte molteplici, e la vittoria della Liga dello scorso anno avrebbe dovuto generare ulteriore credito per il tecnico in vista delle successive difficoltà. Così non è stato però e – quando a novembre il Barça ha perso contro lo Shakhtar – un giornalista ha definito la squadra di Xavi il “Joker” della Champions League, facendo infuriare l’ex centrocampista. 

Il Barcellona ha bisogno di tranquillità 

Esploso in conferenza stampa per quella definizione dopo la vittoria contro il Napoli agli ottavi, questa sera Xavi guiderà il Barcellona ai quarti di Champions League, traguardo importante nonostante la distanza siderale dalla vetta della Liga e le eliminazioni patite in Copa del Rey e in Supercoppa di Spagna. Risultati figli di un periodo complicato dovuto ad una rosa parzialmente all’altezza e ad una tranquillità societaria inesistente. Xavi ha dovuto far tutto da solo, combattendo contro un “Entorno” alquanto difficile da gestire, soprattutto quando ami il club che alleni e non vorresti mai vederlo in difficoltà. 

Da qui la decisione di lasciare il Barcellona a fine stagione e la situazione paradossale per la quale – PSG permettendo – Xavi potrebbe condurre il club a delle semifinali di Champions League che mancano da cinque anni, quando Leo Messi segnò quel gol meraviglioso contro il Liverpool e la squadra di Klopp ribaltò risultato e speranze blaugrana tra le mura di Anfield. 

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