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La bella stagione di Vialli e Mancini è il libro (e il film) che ci voleva

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La Bella Stagione di Vialli Mancini e tutta la squadra della Sampdoria campione d’Italia nel 1991 è il libro che ci voleva, ed è diventato anche un film trasmesso sulla Rai e disponibile sulla piattaforma Raiplay.

Un libro che si legge tutto d’un fiato, volutamente scritto proprio per questo motivo, per rivivere quell’annata memorabile come uno sprint, lungo 34 giornate più il contorno, probabilmente ancora più importante. Significativo anche il nome dell’autore, che formalmente sono Vialli e Mancini, simboli di quella squadra, in aggiunta al resto della rosa, con l’allenatore Vujadin Boskov, il presidente Paolo Mantovani o il direttore sportivo Paolo Borea, un vero fuoriclasse.

Non è fare uno spoiler o un riassunto, il motivo di questo articolo. Anche perché sul risultato finale di quella stagione si sa già tutto: Serie A 1990-91, Sampdoria campione d’Italia, Vialli capocannoniere con 19 gol e una squadra nel mito per sempre.

La recente morte proprio di Gianluca Vialli ha rimesso la Samp sotto i riflettori, o comunque ha accelerato, chissà, il processo di ricordo di un periodo unico nel suo genere, perché quello scudetto, forse ancora più di quello del Verona del 1985 (una vera meteora, o forse con giocatori meno “popolari” di quelli blucerchiati dell’epoca), è rimasto sedimentato nel cuore dei tifosi.

La Bella Stagione: il libro di Vialli e Mancini

Tuttavia per tutti quelli che si vogliono approcciare a questo libro, diventato come detto film, occorre inquadrare un po’ il filo del discorso e parlare delle chicche nascoste tra le varie pagine, cartacee o digitali. Perché si è detto spesso che quella Sampdoria era un gruppo affiatatissimo, con giocatori che si stimavano anche fuori dal campo e con un allenatore ideale a tal proposito come Vujadin Boskov.

Ecco, si nota chiaramente che il libro è anche un omaggio al grandissimo tecnico di Novi Sad, con la sua parlata particolare (“Virkwod” quanto chiama Vierchowod) e le sue frasi ad effetto che, si legge tra le righe, gli erano addirittura costate voci di esonero l’anno precedente quando aveva detto che il suo cane giocava meglio di Perdomo del Genoa.

Sottotraccia, il lavoro di una società che ha sempre lavorato senza strepitare, ma usando mezzi più umani per tenere assieme il gruppo. Su tutte la cena organizzata in un ristorante di Rapallo al termine di un periodo negativo di risultati con solo i giocatori invitati ad andarci, per un confronto a viso aperto.

Bellissimo il contrasto narrativo con la Guerra del Golfo, che inizia praticamente in contemporanea con la cena nel ristorante, come se fosse un conflitto parallelo. Ovvio, tutto da contestualizzare. Però la Sampdoria era diventata grande anche per quel motivo, per la facilità di ricucire ogni piccolo strappo.

Non manca, accanto ai dettagli sui grandi protagonisti, la pennellata sui gregari o comunque sui comprimari. Notevole l’inizio su Giovanni Invernizzi, centrocampista non dal gran fiuto del gol che invece si sblocca all’inizio di quel campionato, o la ruggine del povero Giulio Nuciari, portiere di riserva chiamato a sostituire il titolare Pagliuca in un paio di occasioni.

E come dimenticare i cani, co-protagonisti del libro. Da quelli giganteschi di Toninho Cerezo (lo sapevate che suo padre era un circense?) che lasciano i loro bisognini dove non dovrebbero, ma che vengono interpretati come un segno di buona sorte, o quello minuscolo di Vierchowod, in un contrasto tutto da ridere.

Le ragazzate di Vialli e Mancini, i flirt di Gianluca con una certa conduttrice televisiva di cui non si fa il nome ma di cui si intuiscono le generalità, e le Ferrari comprate in contemporanea.

Sullo sfondo, una Genova davvero a misura d’uomo, dove ci si può incontrare con i giocatori del Genoa senza che succeda nulla di grave, anche nella settimana del derby. Insomma, b e che ci fa respirare un’aria più fresca e pulita, non ostante la recente scomparsa di uno dei protagonisti, di Gianluca Vialli.

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