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Dai successi di Guardiola alla rottura con Messi: la parabola del Barcellona

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In Europa non c’è sport che sia seguito come il calcio. Ogni anno milioni i tifosi seguono le rispettive squadre del cuore. Specialmente quando si gioca un trofeo internazionale, come la Champions League o l’Europa League, tra l’altro giunte alle proprie battute decisive con la fase a eliminazione diretta. Chi rischia di uscire dal primo trofeo continentale, però, è una delle squadre più vincenti, se non la più vincente in assoluto, d’Europa e del mondo. Parliamo del Barcellona. I blaugrana non stanno attraversando un bel momento, sia a livello societario che sul campo. Una parabola giunta alla sua fase discendente, al termine di un cammino glorioso partito tanti anni fa, quando sulla panchina del club arrivò in sordina un certo Josep Guardiola. L’ex giocatore di Brescia e Roma veniva dalla stagione 2007/2008, la sua prima da allenatore, con il Barcellona B, conquistando il pass per la Segunda Division attraverso i playoff. I vertici del club, dunque, non poterono fare altro che promuoverlo in prima squadra, laddove, importò una nuova filosofia di gioco, basata sul possesso di palla e sull’ormai celeberrimo tiki-taka.

Da lì iniziò la favola del Barcellona di Guardiola, che in tre anni vinse tutto ciò che era possibile vincere. Questo anche grazie a giocatori di assoluto livello come Messi, Eto’o, Iniesta, Henry o Xavi. Tre campionati consecutivi, due Coppe di Spagna, tre Supercoppe di Spagna, due Champions League, due Supercoppe Europee, due Coppe del Mondo per Club. Una squadra invincibile. Nel 2012, Guardiola decise di iniziare una nuova avventura al Bayern Monaco, mentre i catalani nominarono come nuovo allenatore Tito Vilanova. Quest’ultimo riuscì a portare a casa il campionato nell’unica stagione in cui sedette sulla panchina del club. Purtroppo gli venne diagnosticato un tumore che nel 2014 lo spense all’età di soli 45 anni. Al suo posto giunse quello che per molti ha rappresentato il primo fallimento del Barcellona dopo l’era Guardiola: Gerardo Martino. Il tecnico argentino durò appena un anno e, nonostante la vittoria in Supercoppa di Spagna, rassegnò le proprie dimissioni a fine stagione.

Quella che sembrava già l’inizio della discesa venne frenata dall’ingaggio di un volto noto al Barcellona: Luis Enrique. Rimasto per tre stagioni in Catalogna, Enrique riprese in mano la situazione anche riportando in campo la filosofia del tiki-taka. Inoltre, alla sua prima stagione, l’attuale CT della Spagna ebbe l’opportunità di allenare giocatori del calibro di Suarez e Neymar, che con il veterano Messi formavano uno dei tridenti più forti d’Europa. Luis Enrique, dunque, rappresenta l’ultimo baluardo della splendida storia del Barcellona da Guardiola in poi, dato che è stato l’ultimo a portare la Champions in terra catalana, tra l’altro al suo primo tentativo.

Dopo di lui è iniziato un lento declino. Prima a livello internazionale, dato che Ernesto Valverde ha comunque vinto due campionati spagnoli ma ha fatto male in Europa. L’ultimo squillo, in tal senso, è stata la rimonta al PSG per 6-1 al Camp Nou. A confermare che il Barcellona anche quest’anno non è tra le favorite per la vittoria della prima coppa europea per club sono le quote Champions League. Poi il declino è arrivato anche a livello nazionale, con Quique Setien, esonerato a stagione in corso nel 2020, e Ronald Koeman che non convince tutt’oggi. Infine, ai pessimi risultati sportivi si sono aggiunti i gravi problemi societari, prima con la lite tra Messi, che potrebbe lasciare il club a fine stagione, e Bartomeu. Poi con l’arresto dell’ex presidente del club e altri dirigenti per il cosiddetto Barçagate. Un triste destino, si spera momentaneo, per una delle squadre più belle del mondo.

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