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La nuova generazione del calcio USA promette parecchio

Calcio EsteroLa nuova generazione del calcio USA promette parecchio

Gli USA sono una delle nazionali più futuribili in circolazione. Merito, in primis, di una svolta totale datata 2018

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In attesa di entrare in gioco per le qualificazioni a Qatar 2022, gli USA hanno cominciato il loro 2021 battendo 4-1 in amichevole la Giamaica: a Vienna, la squadra di Gregg Berhalter ha dominato il match in lungo e in largo, aprendolo poco dopo la mezz’ora grazie al solito Dest – in forma strepitosa, come confermano le recenti prestazioni col Barcellona – e chiudendolo nella ripresa con Aaronson e la doppietta di Lletget.

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La partita è stato un buon banco di prova per testare la nuova generazione del calcio USA, una nazionale estremamente ringiovanita in questo nuovo ciclo che comprende un melting pot di etnie da capogiro. Infatti, la selezione diretta da Berhalter è un vero e proprio esempio di come l’integrazione, nello sport ma non solo, sia un valore aggiunto, con gli Stati Uniti che finalmente cominciano a raccogliere i frutti di una semina durata decenni.

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Il fallimento del 2018

La svolta era d’obbligo vista la mancata qualificazione al Mondiale del 2018, quando gli USA uscirono alla fase finale delle qualificazioni, posizionandosi quinti nel girone Concacaf a ben 9 punti dal Messico capolista e dietro a Costarica, Panama e Honduras. In America il fallimento è stato incassato con rabbia e delusione, perché gli USA erano ormai diventati una selezione abbastanza abituata a presenziare alle fasi finali di un Mondiale.

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Fonte immagine: @USMNT (Twitter)

E invece no, la rassegna vinta dalla Francia se la sono vista da casa. La cosa ha scatenato un domino di decisioni forti, una su tutte l’esonero di Jurgen Klinsmann, commissario tecnico al quale nei primi anni va riconosciuto l’ottimo lavoro di “europeizzazione” degli USA tramite metodi e idee importate dal Vecchio Continente, ma che sostanzialmente verrà ricordato principalmente per aver fallito un obiettivo sulla carta abbastanza abbordabile.

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Il suo posto è stato preso da Berhalter, classe 1973 ed ex difensore centrale della nazionale degli anni Novanta. Dopo le esperienze sulla panchina dell’Hammarby, in Svezia, e cinque anni ai Columbus Crew, Berhalter ha fatto il grande salto: sotto la sua guida gli USA sono rinati, mettendo assieme una serie di risultati impressionanti tra i quali spiccano un 6-2 a Panama, un 6-0 a El Salvador e il 7-0 rifilato a Trinidad e Tobago a fine gennaio. Ma il punto di forza dei nuovi Stati Uniti non si limita ai soli numeri.

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Parallelamente, infatti, dal dicembre 2018 in poi è stato dato il via a un processo di svecchiamento totale della nazionale: gli USA, attualmente, sono una delle squadre più giovani della zona Concacaf ma, in realtà, la cosa che impressiona maggiormente è la qualità di questi talenti, la maggior parte dei quali gioca già da protagonista in Europa. Pensate a Pulisic, oggi al Chelsea, o allo stesso Dest, per non parlare di Giovanni Reyna, stella classe 2002 del Borussia Dortmund.

I loro nomi siamo ormai abituati a sentirli ogni weekend e, ovviamente, era solo questione di tempo perché gli USA approfittassero di questa ascesa. La squadra ha cambiato anche filosofia tattica, adottando ormai stabilmente un 4-3-3 dove la qualità viene privilegiata alla quantità. I “senatori”, virgolette obbligatorie, del gruppo sono il portiere Steffen, che deve compiere 26 anni, il centrale difensivo Brooks e il centrocampista Lletget, mezzala sinistra e stella dei Los Angeles Galaxy.

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Per il resto, la rosa è composta quasi totalmente da under 23 come Yunus Musah (Valencia), Reggie Cannon – che al Boavista sta disputando un’ottima stagione -, il centravanti del Werder Brema Joshua Sargent, un classe 2000 già abbastanza conosciuto in Bundesliga, ma anche McKennie e Tyler Adams. Poi Nicholas Gioacchini, Luis de la Torre e Jordan Siebatcheu, centravanti dello Young Boys messosi in luce in Europa League, fino a Brenden Aaronson, trequartista classe 2000 ed erede di Szoboszlai al Salisburgo.

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Gli USA per il sociale

Essendo una squadra che comprende molte provenienze differenti, nell’ultimo biennio parecchi ragazzi della selezione americana si sono spesi per battaglie sociali importanti, basti pensare a Pulisic con il Black Live Matters – affiancato da altri connazionali tipo Musa e Dest -, piuttosto che alle ingenti donazioni benefiche in periodo di piena pandemia, quando il mondo si era trovato ad affrontare un improvviso e inaspettato nemico. O, ancora, le forti posizioni prese per il caso George Floyd.

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Questo non ha fatto altro che aumentare l’attenzione verso la nazionale a stelle strisce, il cui pass per Qatar 2022 questa volta non dovrebbe essere minimamente in discussione. Nei prossimo mesi verranno giocate altre due amichevoli, poi a giugno contro l’Honduras comincerà il cammino vero e proprio verso il Mondiale, dove gli USA arriveranno come una delle squadre più giovani in assoluto della loro storia. Da outsider, o meno, questo si vedrà.

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