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Le reazioni del calcio USA alla strage di Uvalde

CuriositàLe reazioni del calcio USA alla strage di Uvalde

Dopo la strage di Uvalde, negli USA anche il soccer ha preso posizione contro la strage in una scuola che, una settimana fa, ha sconvolto la nazione.

È trascorsa una settimana dalla sconvolgente strage di Uvalde, in Texas, che è costata la vita a 19 bambini e due insegnanti in una scuola, uccisi da un ragazzo armato di arma da fuoco. Purtroppo non una novità, negli Stati Uniti, un paese che da tempo denuncia un grave problema di circolazione delle armi.

Nel suo piccolo, il calcio – che di certo non è lo sport più diffuso e amato del paese, ma negli ultimi anni sta vivendo una buona crescita – ha fatto la sua parte nel dibattito pubblico sulla violenza causata dalle armi da fuoco e sul cosiddetto gun control, ovvero sulla richiesta di legislazioni più stringenti sulla vendita di fucili e pistole.

Le parole del soccer sulla strage di Uvalde

All’indomani della strage del 24 maggio alla Robb Elementary School di Uvalde, le prime voci a levarsi sono state quelle delle calciatrici, il vero simbolo del calcio statunitense e tra le più note e attive sportive donne nel paese. Alex Morgan, attaccante del San Diego Wave e vera icona globale ha subito twittato: “Sono disgustata da ciò che è appena successo a questi bambini. Ho il cuore spezzato”.

Nelle ore successive, altre note figure del calcio femminile americano si sono espresse sui social su quanto avvenuto in Texas, come la leggendaria Mia Hamm – ritenuta la più grande calciatrice della storia – che ha ricondiviso il toccante video dell’allenatore di basket Steve Kerr. Ma una delle voci più dure è stata quella di Abby Dahlkemper, difensora della Nazionale e anche lei del San Diego Wave, che ha risposto a un tweet di Mitch McConnell (leader dei Repubblicani in Senato, e tra i principali oppositori di una legge sul gun control): “Ficcati questo tweet su per il c**o!”.

I calciatori maschi sono rimasti tendenzialmente più silenti, sulla faccenda, ma in generale il calcio maschile negli Stati Uniti ha sempre avuto reazioni minori sulle tematiche sociali rispetto a quello femminile ma anche ad altri sport nazionali. Anche nella primavera del 2020, dopo l’omicidio di George Floyd e le proteste di Black Lives Matter, i calciatori ci misero più tempo di altri atleti e atlete a schierarsi sui social.

Tuttavia, nello scorso weekend del campionato statunitense MLS, che è iniziato a fine febbraio e andrà avanti fino a inizio ottobre, il Philadelphia Union secondo nella Eastern Conference è sceso in campo con delle magliette speciali con sopra scritto “End Gun Violence”, in un chiaro riferimento a quanto avvenuto a Uvalde.

Il capitano della squadra Alejandro Bedoya, che ha giocato anche con Glasgow Rangers e Nantes, ha fatto un discorso molto approfondito sul tema: “C’è bisogno di fare qualcosa con le persone al potere. Siamo considerati essere, o almeno qualcuno lo pensa, il più grande Paese al mondo. Beh, non certo con il problema delle armi da fuoco, dove abbiamo paura per le nostre vite, dove i nostri figli devono imparare come nascondersi bene sotto i banchi, coprirsi di sangue per fingersi morti”.

“La soluzione non è dare armi agli insegnanti – ha continuato Bedoya – non sono le armi, non è trasformare le nostre scuole in prigioni, non è l’assenza di un figura paterna e non è nemmeno soltanto la salute mentale. Il governatore del Texas si è battuto per abbassare a 18 anni l’età minima per comprare armi d’assalto: cosa se ne fa un 18enne di un’arma del genere? Non puoi nemmeno comprare una cassa di birra, se hai meno di 21 anni! Questo non è l’eccezionalismo americano, non è libertà quando devi passare tutto il tempo a guardarti le spalle”.

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