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Pietro Santapaola, escluso dal Cosenza per i legami mafiosi del padre

Serie BPietro Santapaola, escluso dal Cosenza per i legami mafiosi del padre

Pietro Santapaola, giovane neo-acquisto del Cosenza, è stato escluso dal club per via della condanna per mafia del padre

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Pietro Santapaola – o meglio Pietro Junior, vista l’omonimia col padre – è un centrocampista classe 2003, 180 cm d’altezza e destro di piede. Un talento di buona prospettiva, che negli anni scorsi ha anche vestito la maglia della Nazionale LND U16 e che lo scorso gennaio ha incontrato la prima grande occasione della carriera, venendo acquistato dal Cosenza.

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Ma la sua esperienza in Serie B è durata pochissimo: a inizio marzo, Santapaola è stato improvvisamente escluso dalla rosa e gli è stato comunicato che la società non farà più affidamento su di lui. All’origine della decisione, la condanna per mafia ricevuta da Pietro Santapaola Senior, suo padre.

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Un cognome ingombrante

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A fine 2020, il Tribunale di Messina ha comminato diverse condanne in merito a un’inchiesta su appalti e infiltrazioni mafiose in città: tra i colpevoli, spiccano i cugini Pietro e Vincenzo Santapaola, per cui sono stati decisi per entrambi 12 anni di galera.

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Vincenzo è figlio di Benedetto Nitto Santapaola, 82 anni, in carcere dal 1994 e condannato a diversi ergastoli. Tra i boss più sanguinari di Cosa Nostra, il suo “curriculum” conta la strage della circonvallazione del 1982, la strage di Capaci (che costò la vita a Giovanni Falcone) e quella di Via D’Amelio (in cui morì invece Paolo Borsellino) e l’omicidio del giornalista Giuseppe Fava.

La storia di Pietro Junior Santapaola

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Con tutto questo, però, Pietro Junior Santapaola non c’entra nulla. Non ha condanne né è mai stato coinvolto in indagini per reati di alcun tipo, da quando è bambini si interessa solo al calcio.

Enrato presto nelle giovanili del Messina, si è iniziato a mettere in mostra negli scorsi anni, e nella prima parte della stagione ha giocato in prestito al Licata in Serie D, facendo una buona impressione. Lì, è stato notato dagli osservatori del Cosenza, che gli hanno fatto attraversare lo Stretto e lo hanno condotto alle porte del calcio professionistico.

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Fino a che, qualche settimana fa, in società non si è scoperto il legame tra il centrocampista e la famiglia Santapaola. “Pietro dal 3 marzo è stato completamente emarginato dalla squadra – ha detto l’avvocato Salvatore Silvestro – esclusivamente alla luce dei precedenti del padre. È stato trattato come un criminale, è stato ghettizzato, e quando ho chiesto spiegazioni via mail al presidente del Cosenza non ho ricevuto alcuna risposta“. Gli unici chiaramenti sono poi arrivati tramite un messaggio Whatsapp di un dirigente, che gli comunicava la decisione del club di interrompere il rapporto.

Le reazioni

Non sono un criminale. Non sono un mafioso. Mi hanno tagliato gambe, sogni e speranze. E mi sento a pezzi” ha spiegato il giovane Santapaola, il cui avvocato ha già sporto denuncia a Messina e Cosenza, oltre che alla FIGC e alla Lega Serie B.

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Il presidente Eugenio Guarascio, contattato daRepubblica, non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione. Si sono espressi invece i Fracidi 90, storico gruppo ultras del Cosenza, con uno striscione di supporto al giocatore, che recita: “Diffamato per il cognome, Pietro Santapaola vero campione”.

Una posizione critica l’avrebbe presa anche Emanuele Ferraro, tecnico delle giovanili del Cosenza, che subito dopo l’esclusione di Santapaola si è dimesso ed è stato sostituito da Antonio Gatto. Le motivazioni dietro questo gesto non sono ancora state chiarite, ma il Quotidiano del Sud parla di un collegamento diretto tra le due vicende, confermato da fonti interne al club.

I precedenti del Cosenza

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Sebbene non ci siano state dichiarazioni ufficiali da parte del Cosenza, è chiaro che l’esclusione di Santapaola è stata decisa nel tentativo di “proteggere” il nome del club da ogni possibile collegamento con la criminalità organizzata. Anche perché, su questo fronte, la storia dei Lupi della Sila presenta uno scomodo precedente.

santapaola
Fonte: stampalibera.it

Nel marzo del 2003, un’inchiesta della Procura di Catanzaro portò all’arresto di 15 persone, tra cui il presidente del Cosenza (e all’epoca pure della Spal) Fabiano Pagliuso, per stretti rapporti con la ‘Ndrangheta. A seguito dei sequestri, la società di ritrovò retrocessa e fallita, e dovette essere rifondata partendo dalla Serie D.

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E lo stesso Guarascio, attuale proprietario del club calabrese, è stato accusato nel 2016 dal pentito Gennaro Pulice di essere in affari con il clan Pesce di Gioia Tauro, una degli esponenti di spicco della mafia locale.

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