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Cosa è successo in PSG-Basaksehir

Calcio EsteroCosa è successo in PSG-Basaksehir

PSG-Basaksehir non è stata terminata: un episodio di razzismo in Champions League ha portato all’interruzione del match, a causa di un insulto arrivato addirittura dal quarto uomo, che ha convinto entrambe le squadre a lasciare il campo.

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Clamoroso a Parigi: la sfida di Champions League PSG-Basaksehir è stata interrotta spontaneamente dai giocatori di entrambe le squadre dopo nemmeno un quarto d’ora di gioco, in seguito a un insulto razzista rivolto al vice-allenatore dei turchi Pierre Webó. Siccome la partita era a porte chiuse, l’insulto non è arrivato dai tifosi, come purtroppo spesso succede, ma dal quarto uomo.

La partita è stata sospesa e non più ripresa, e verrà recuperata questa sera alle 19.00: una vittoria del Paris Saint-Germain significherebbe il primo posto nel girone per i francesi, che invece col pareggio sarebbero secondi e, in caso di sconfitta, sarebbero addirittura relegati in Europa League.

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PSG-Basaksehir: cosa è successo

Tutto accade attorno al 13′ del primo tempo, mentre il risultato è ancora sullo 0-0. L’arbitro rumeno Ovidiu Hategan interrompe la partita e si avvicina alle panchine, dove c’è un alterco tra Demba Ba, 35enne attaccante del Basaksehir, e il quarto uomo Sebastian Coltescu. Il senegalese, partito dalla panchina, è visibilmente alterato e l’arbitro, senza pensarci su due volte, estrae il cartellino rosso.

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Ma mentre questo succede, i microfoni a bordocampo captano chiaramente le parole del giocatore: “Perché hai detto negro?” dice, rivolto a Coltescu. Tutta la panchina del Basaksehir interviene a difesa del suo giocatore, che a sua volta era intervenuto a difesa del suo vice-allenatore, il camerunense Pierre Webó. Quest’ultimo aveva protestato col quarto uomo per una decisione di gioco di Hategan, e Coltescu lo aveva segnalato all’arbitro per chiederne l’espulsione, e invece di chiamarlo per nome aveva usato un appellativo razzista, udito da Ba.

Nelle successive immagini, si può sentire anche l’allenatore del Basaksehir Okan Buruk, ex-centrocampista dell’Inter, discutere con la terna arbitrale, dicendo in inglese “Devi rispettare gli altri” e “Questo non è calcio”. Poi, Buruk e i suoi giocatori si sono diretti negli spogliatoi, un gesto mai avvenuto prima in Champions League e occorso anche rare volte nei campionati nazionali (una, ad esempio, circa un anno fa in Eccellenza in Italia).

La decisione clamorosa dei turchi è stata immediatamente supportata dai giocatori del Paris Saint-Germain, che a loro volta hanno abbandonato il campo per protesta, senza il permesso dell’arbitro. D’altronde, il PSG è una società che si è spesso schierata contro il razzismo nel calcio: nella discussa partita persa lo scorso 13 settembre in casa col Marsiglia, Neymar accusò lo spagnolo Alvaro Gonzalez di averlo insultato per il colore della pelle, e i suoi compagni si espressero in favore del brasiliano.

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I tentativi di giustificazione

Fin da subito, alcuni hanno fatto notare che probabilmente Coltescu ha usato il termine negru, che in romeno significa “nero”, e non sarebbe quindi da ritenere offensivo. La stessa cosa avviene nella lingua spagnola, dove il termine negro è l’unico esistente per il colore nero. Questa sarebbe anche la spiegazione che il quarto uomo ha cercato di dare in campo a Demba Ba e agli altri giocatori, senza convincerli.

L’ipotesi dell’incomprensione linguistica è probabilmente corretta, ma non risolve affatto la questione: da altre immagini e audio, Ba ribatte infatti a Coltescu chiedendo perché quando parla dei bianchi dica “questo qui” (this guy) e quando parla dei neri dice “questo nero qui” (this black guy). Il problema non è la parola in sé – cioè, non è dire “nero” – ma il contesto.

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Più che per un insulto esplicito, quindi, la faccenda di PSG-Basaksehir sarebbe un caso di razzismo implicito, più dovuto a una leggerezza del quarto uomo che a una vera volontà di offendere. Ma questa non è una giustificazione: il personale arbitrale fa corsi su temi di questo tipo, viene istruita continuamente su come rapportarsi con giocatori e allenatori ed è consapevole di essere attorniata da telecamere e microfoni che, specialmente ora che manca il pubblico, captano tutto.

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La situazione di PSG-Basaksehir è di una gravità inaudita e rappresenta anche uno smacco per la UEFA. La Confederazione europea, da tempo impegnata in battaglie antirazziste, solitamente rivolte verso tifosi e giocatori, si trova ora responsabile in maniera diretta di un episodio di razzismo in Champions League avvenuto a porte chiuse.

L’episodio del Parco dei Principi ha messo anche in luce una lacuna nel regolamento: cosa succede se a essere colpevole di razzismo è uno degli arbitri? E cosa succede se, per rispondere a una discriminazione, entrambe le squadre abbandonano autonomamente il campo?

Questo gesto, più volte ventilato dai giocatori (si pensi a Boateng, Balotelli, Lukaku e altri ancora) non è mai stato accettato dalla UEFA, poiché complicherebbe i calendari e, soprattutto, comprometterebbe l’idea di spettacolo della massima istituzione del calcio europeo. Motivo per cui quanto successo in PSG-Basaksehir non ha un fondamento normativo, e dimostra il grande coraggio di entrambe le squadre nel voler interrompere il match.

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L’intervento di Erdogan

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A margine del caso razzismo in Champions League, PSG-Basaksehir fa discutere anche per l’intervento, poco dopo la fine anticipata del match, di Recep Erdogan. Il discusso presidente turco, infatti, ha condannato l’episodio e ha chiesto alla UEFA di agire contro il razzismo.

Parole che hanno suscitato qualche perplessità, visto che Erdogan non è certo noto per essere un paladino dei diritti umani: il suo governo ancora nega il genocidio degli armeni di oltre un secolo fa, ed è noto per la politica razzista verso i curdi. Però, il presidente turco da anni sta cercando di usare il calcio per ripulire la propria immagine internazionale, ad esempio organizzando finali di coppa. Il Basaksehir fa parte di questo progetto, essendo un club emerso pochi anni fa dall’anonimato grazie a imprenditori vicini a Erdogan, e noto in patria proprio per essere il club del governo di Ankara.

Quanto successo a Parigi sta venendo così sfruttato da Erdogan per mostrarsi all’Europa come persona sensibile sul tema del razzismo, tanto che a quanto pare sarebbe stato lui stesso a ordinare ai giocatori del Basaksehir di non rientrare in campo alle 22.00, orario fissato per provare a riprendere il match. Questo ovviamente non sminuisce la gravità di quanto avvenuto al Parco dei Principi, ma rappresenta un altro tema con cui il calcio deve confrontarsi.

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