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Nestor Sensini, il difensore argentino simbolo della Serie A degli anni ’90

In Primo PianoNestor Sensini, il difensore argentino simbolo della Serie A degli anni '90

Il 12 ottobre 1966 nasceva Nestor Sensini, difensore argentino che è stato tra le principali incarnazioni della Serie A degli anni Novanta, nel bene e nel male. Ecco la sua storia.

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Il campionato italiano degli anni Novanta è ricordato principalmente per l’alto livello dei suoi club: per la prima volta non erano più solo le tre grandi (Juventus, Inter e Milan) a potersi permettere grandi campioni e lottare per i titoli nazionali e internazionali, ma anche alcune squadre minori o “di provincia”. Nestor Sensini è stato uno dei giocatori che, in punta di piedi, ha rappresentato al meglio questo periodo.

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La gavetta

Quando Sensini giunse in Italia, nel 1989, era un po’ una scommessa: l’Argentina era terra di grandi attaccanti e centrocampisti, ma raramente i club europei puntavano sui suoi difensori. Proveniva dal Newell’s Old Boys, dove si era in messo in mostra nella squadra da sogno allenata da José Yudica, e arrivava in Friuli, in Serie B, assieme ad altri due colpi internazionali, l’ex-centrocampista del Real Madrid Ricardo Gallego e la punta argentina Abel Balbo.

Nel giro di quattro stagioni, l’Udinese riconquistò la massima serie, iniziando a porre le basi per quello che sarebbe stato il suo periodo d’oro. Nel 1993, però Sensini era ormai uno dei difensori più interessanti in Italia, e il Parma, una delle società più ambiziose e ricche della Serie A, pagò 7 miliardi di lire ai friulani per portarlo in Emilia, agli ordini di Nevio Scala.

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La consacrazione a Parma

Al Parma, un giocatore come Sensini diventò presto un leader e un elemento imprescindibile in campo. In Argentina si era segnalato come un difensore centrale tecnico ed elegante, caratteristiche che lo rendevano impiegabile in diversi ruoli: per Scala, Sensini poteva fare l’interno in una difesa a cinque, ma all’occorrenza può essere spostato in mediana in un centrocampo folto.

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Nel 1996, con l’arrivo in panchina di Ancelotti e il cambio verso una difesa a quattro, con Cannavaro e Thuram punti fermi, Sensini si adattò a giocare terzino sinistro, gestendo alla perfezione gli equilibri di una squadra talentuosa ma anche molto giovane e inesperta. Questa sua capacità di “equilibratore” della squadra sarebbe diventata un tratto distintivo di tutta la sua carriera.

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Continuò a essere un giocatore molto affidabile anche da centrale nella difesa a tre di Malesani, allenatore che purtroppo le vedeva poco e lo relegava spesso in panchina. Sensini chiese il trasferimento, e a farsi avanti fu la Lazio, allenata da Sven-Goran Eriksson, che era da tempo un suo grande fan. Lasciò così il Parma dopo due Coppe Italia, due Coppe UEFA e una Supercoppa europea.

Sensini e lo scudetto alla Lazio

In biancoceleste visse praticamente solo la stagione 1999-2000, quella dello scudetto, in una squadra sovrabbondane di talento in ogni reparto, che è probabilmente l’esempio più estremo di cosa fosse la Serie A di quegli anni (nel bene e nel male, come di scoprirà di lì a poco, quando si andrà a guardare i libri contabili). Con 32 presenze e un gol, Nestor Sensini fu ancora una volta decisivo: lui e il connazionale Simeone erano le due pedine fondamentali per mantenere equilibrato un 11 decisamente orientato all’attacco.

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I primi anni Duemila, Sensini li passò nuovamente a Parma, a fare da guida a una squadra giovane e in piena rifondazione, che aveva bisogno di carisma ed esperienza. Infine, nel 2002 decise di tornare a chiudere la carriera a Udine: ormai 36enne, sembrava destinato a un ruolo di secondo piano, e invece seppe imporsi un’altra volta come un punto fermo nella difesa di Spalletti, disputando quattro stagioni di ottimo livello.

Mentre Lazio e Parma – due squadre simbolo della grande Serie A degli anni Novanta – venivano travolte dai debiti accomulati in anni di malagestione, Sensini faceva da testimone alla consacrazione dell’Udinese, che era a lungo rimasta ai margini delle cosiddette Sette Sorelle e ora, dopo tanti investimenti mirati, raggiungeva finalmente l’Europa con un modello societario completamente diverso da quello del decennio precedente.

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Nestor Sensini si ritirò così nel 2006, a 40 anni. Come calciatore, visse e fece praticamente di tutto, ma l’unico suo cruccio rimase non aver vinto nulla con l’Argentina: arrivato in nazionale alla fine dell’era di Maradona, fu testimone del secondo posto a Italia ’90 e, poi, della sorprendente sconfitta in finale del torneo olimpico del 1996, contro la Nigeria.

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