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Miccoli, addio alla Triestina: i motivi delle dimissioni

NotizieMiccoli, addio alla Triestina: i motivi delle dimissioni

Miccoli, ex-attaccante della Nazionale, era stato annunciato alla guida della Primavera degli Alabardati pochi giorni fa, ma si è dimesso a causa di alcuni vecchi problemi giudiziari

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Solo otto giorni fa, Fabrizio Miccoli veniva annunciato come nuovo allenatore della Primavera della Triestina, club di Serie C arrivato ai play-off nella scorsa stagione e che ambisce a tornare presto nel campionato cadetto.

Però, la sua avventura con l’Unione è durata pochissimo: nella mattinata di oggi, sabato 31 luglio, il tecnico pugliese ha diffuso un comunicato in cui spiegava di aver deciso di lasciare il club a causa di alcuni problemi giudiziari relativi al suo passato ma estranei al calcio. Spieghiamo bene a cosa si riferisce.

I problemi giudiziari di Miccoli

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Alcuni commenti che rievocavano le mie vicende giudiziarie mi hanno indotto a prendere questa decisione, seppure estranee al calcio” riporta il comunicato dell’ex-attaccante di Palermo, Juventus e Benfica. Una decisione sofferta, arrivata poco dopo l’inizio della sua esperienza alla Triestina.

 

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I fatti a cui si riferisce implicitamente Miccoli risalgono a qualche anno fa, quando era ancora un calciatore professionista e giocava al Palermo. Nel 2013, ricevette un avviso di garanzia da parte della Procura del capoluogo siciliano che gli contestava i reati di tentata estorsione, concorso in tentata estorsione ed accesso abusivo a sistema informatico. L’attaccante era stato intercettato mentre era al telefono con Marizio Lauricella, figlio di un boss mafioso palerminatano, e tra le altre cose era stata evidenziata un’espressione ingiuriosa verso Giovanni Falcone, giudice antimafia ucciso in un attentato il 23 maggio 1992.

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Miccoli aveva fatto ricorso all’aiuto di Lauricella e dei suoi uomini per recuperare un credito di 12.000 euro per conto di un fisioterapista del Palermo, in relazione alla cessione di una discoteca a Isola delle Femmine. Ovviamente, i metodi utilizzati erano stati tutt’altro che legali.

Il fatto ebbe gravi ripercussioni sulla carriera del giocatore: la FIGC aprì un’inchiesta contro di lui, e nonostante le ripetute scuse (una lettera su pubblicata anche su La Repubblica) il Comune di Corleone gli ritirò la cittadinanza onoraria, mentre il Palermo rimosse la sua foto dal sito della società e il presidente Zamparini ne decise l’immediata cessione, sebbene Miccoli fosse il capitano della squadra.

Com’è andata a finire l’inchiesta

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Durante la stagione successiva, dopo essere passato al Lecce, Miccoli si trovò sottoposto a un provvedimento disciplinare, con la Procura federale che aveva chiesto per lui una giornata di squalifica e 50.000 euro di multa. Ma la Commissione Disciplinare della FIGC decise di assolverlo da tutte le accuse.

 

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Il processo penale, invece, andò avanti, e nel 2015 venne formalizzata l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Nell’ottobre 2017 si è concluso il primo grado con una sentenza a 3 anni e 6 mesi di reclusione, con pena sospesa in attesa della conclusione del processo. L’appello, a gennaio 2020, ha visto la conferma della sentenza, ma Miccoli ha ricorso in Cassazione, ed è ancora in attesa dell’ultimo grado di giudizio.

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