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Perché Messi deve vincere il settimo Pallone d’Oro

Calcio EsteroPerché Messi deve vincere il settimo Pallone d’Oro

Leo Messi e il Pallone d’Oro: quante volte lo abbiamo sentito da quando l’argentino ha calcato per la prima volta l’erba del Camp Nou? 

Qualche giorno fa scrivevamo che la Copa America della scorsa notte sarebbe stata decisiva per l’avvicinamento progressivo al Pallone d’Oro di dicembre, con Neymar e Messi in corsa per superare – neanche poi con così tanta difficoltà – i colleghi europei impegnati nel vecchio continente. 

Quello che è successo la scorsa notte, con Messi premiato MVP del torneo, ha certificato l’unica certezza di questo 2021 tinto di blaugrana: Leo Messi merita il settimo pallone d’oro, senza ombra di dubbio.

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Messi e il Pallone d’Oro: i numeri

Quando si parla di numeri per Leo Messi si rischia sempre di sfociare in banalità numeriche disarmanti. In questo caso però, snocciolare alcune delle statistiche messe in piedi in questa stagione per avvicinare Leo Messi al Pallone d’Oro è essenziale: 

  • 47 partite 
  • 38 gol
  • 14 assist 
  • 26 Man of The Match 
  • Miglior marcatore (30) e fornitore di assist (11) in Liga
  • Miglior marcatore (4) e fornire di assist (5) in Copa America 
  • Vincitore della Copa del Rey
  • Vincitore della Copa America

A 34 anni compiuti e con alle spalle diverse stagioni complicate a causa di un’involuzione costante e inarrestabile di un Barcellona ridotto a parcheggio di campioni usurati e senza una guida, continuare a giocare a questo livello e con tale continuità è disarmante persino per un sei volte pallone d’oro.

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Leo Messi in questa stagione ha giocato 4.192 minuti con la maglia del Barcellona, segnando 38 gol in 47 partite e risultando per 26 volte il migliore in campo. Da gennaio, momento in cui il Barça ha tentato di assaltare la Liga complici i passi falsi di Atletico e Real, le vittorie sono state diciassette (con tre pareggi e tre sconfitte) e in ognuno dei diciassette casi Messi è risultato il migliore in campo della squadra vincitrice. 

Un monologo sinfonico iniziato nel momento in cui a Barcellona si è scelto per la destituzione di Bartomeu e si sono indette nuove elezioni per il ritorno di Laporta. Un eterno ritorno all’eguale, con Leo Messi immortalato nel momento del voto mano nella mano con il piccolo Mateo, istantanea di quanto la gestione Bartomeu sia stata fonte di disagio e scoramento per l’argentino. 

La Copa America, finalmente

“Avevo bisogno di staccare la spina per poter vincere qualcosa con l’Argentina: ci sono stato vicino tante volte, e sapevo che in qualche momento ci sarei riuscito. Penso non ci sia momento migliore che questo.” 

“É una follia, è inspiegabile la felicità che sento. Mi ha toccato di andarmene tante volte triste dal campo, ma sapevo che il momento sarebbe arrivato.”

“Sento che Dio stava preparando questo momento per me, contro il Brasile, con la finale nel loro paese. É merito di Scaloni, che ha sempre cercato il meglio per la nazionale costruendo una squadra vincente.” 

 

Non parlava così da un po’, Leo Messi. E ha ragione quando dice che c’era andato vicino così tante volte (due in Copa America, una ai mondiali) da far sembrare il traguardo con l’Albiceleste qualcosa di intangibile, irraggiungibile persino per chi è riuscito a trascendere i limiti che si pensavano esistere in un campo di calcio. 

La vittoria di questa notte, firmata da Di Maria ma marchiata a fuoco da sette gare da pallone d’oro per il dieci argentino, gli offre la strada per il settimo pallone d’oro, per una serie di motivazioni facilmente inquadrabili. 

Fonte immagine: twitter @SeleccionArgentina

Quante motivazioni servono? 

Innanzitutto, è Leo Messi. E solo questo basta – dopo stagioni che ne hanno stressato il gioco e la qualità – a non farlo uscire dal podio come miglior giocatore della stagione. 

A seguire il peso specifico avuto nel corso della stagione con il Barcellona: i blaugrana non hanno affrontato l’ennesima stagione fallimentare solo ed esclusivamente perché Messi ha scelto di trascinarli fino al terzo posto in Liga e a un passo dalla vittoria per diverse giornate di campionato. 

La Copa America, finalmente conquistata con la maglia dell’Argentina vestendo i panni del dominatore del continente con prestazioni che – ancora una volta e come se ce ne fosse il bisogno – hanno mostrato ai profani il perché, quando si ritirerà, farà del male a chiunque profano non lo è. 

Poi ci sono quelle oggettive: in una stagione particolare a causa della coda della pandemia, nessuno degli avversari degni di Leo Messi ha effettivamente fatto qualcosa per avvicinarsi ai risultati raggiunti dalla Pulga. 

Certo, questa sera Harry Kane e Raheem Sterling hanno la possibilità di portare per la prima volta nella storia l’Europeo in Inghilterra, ma le loro rispettive stagioni con i club non hanno la stessa valenza di quella di Messi con il Barcellona: mancano dello stesso peso specifico. 

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Cristiano Ronaldo ha invece fallito ogni appuntamento di questa stagione, dall’Europeo chiuso agli ottavi da capocannoniere alla Champions League fallimentare in bianconero. 

Resta, in Europa, solo Jorginho, centrocampista del Chelsea campione d’Europa e metronomo dell’Italia finalista di Wembley che questa sera si giocherà la possibilità di vincere l’Europeo con Mancini in panchina. 

Per lui la questione è diversa: le possibilità ci sono, ma dopo aver visto Iniesta sul secondo gradino del podio dopo aver vinto il mondiale segnando in finale, l’ascendente Leo Messi potrebbe continuare a fare la differenza. 

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I due astri del PSG invece, Neymar ed Mbappé, hanno fallito le proprie sfide personali: il francese ha bucato completamente l’Europeo, mentre il dieci verdeoro ha perso la finale di Copa America da campione in carica contro un Leo Messi disarmante. 

Un’ultima motivazione

C’è poi un’ultima, grande motivazione: mai come in questa stagione, il rendimento di Leo Messi come singolo giocatore all’interno di due collettivi – Barcellona e Argentina – ha inciso tanto sui risultati delle squadre in cui ha giocato. 

Il Barcellona, lo abbiamo detto a più riprese, avrebbe arrancato nel pantano creato da Bartomeu se non fosse stato per la stagione di Messi, mentre l’Argentina – per quanto costruita ad arte da Scaloni – senza Messi sarebbe crollata sotto i colpi di un Brasile troppo forte ma – evidentemente – ancora non del tutto maturo. 

Leo Messi merita dunque il settimo pallone d’oro della sua carriera, ancora di più dopo aver finalmente portato in bacheca il primo trofeo davvero importante con la maglia dell’Argentina. 

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