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La Juventus e la crisi: Agnelli traccia la strada

Serie ALa Juventus e la crisi: Agnelli traccia la strada

La Juventus è uno dei grandi club d’Europa e anche il rosso di bilancio per l’esercizio della stagione passata lo confermerebbe. Proprio come Manchester United e Barcellona, la Juventus sta patendo fortemente l’impatto della crisi mondiale, con Agnelli intenzionato a trovare una soluzione che sia comune ai club europei

Una stagione compromessa

Partiamo da maggio 2020, quando dopo due mesi di lockdown e chiusura dei campionati nazionali ogni analista parlava di una crisi nel mondo del calcio senza precedenti. L’impossibilità di giocare, unita ai contratti firmati con calciatori, sponsor e televisioni portano la giostra del mondo del calcio al collasso: senza il prodotto che rende il calcio generatore di guadagni, il giocattolo si rompe a causa di costi fissi troppo elevati.

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Pierre Rondeau, economista sportivo, sottolineava già allora come siano gli stipendi a pesare di più sui bilanci dei club: il 64% dei patrimoni va in stipendi che, nonostante le partite siano state bloccate, non sono stati sospesi. Esempi di opposte risposte a questo problema sono le due regine del calcio spagnolo, Barcellona e Real Madrid. 

Questione spagnola

I Blaugrana, in piena crisi finanziaria e politica da ormai dodici mesi, hanno imbastito una trattativa con i giocatori per la riduzione degli stipendi fino al 50% così da far fronte alla crisi dovuta alla pandemia. La risposta, anche dovuta alla situazione politica instabile all’interno del club, è stata ovviamente negativa, generando perdite per circa 97 milioni di euro. 

Il club di Leo Messi ha così messo a bilancio un ricavo totale di 855 milioni, il 14% in meno dell’anno passato (990 milioni) e il 18% in meno di quanto previsto per il quinquennio 2015-2021: 1.059 miliardi di euro. Le perdite si sono dunque divise tra stadio e diritti tv che, con una media del 20% in meno, hanno decimato le entrate dei catalani. 

Dalla parte opposta il Real Madrid di Florentino Perez, forte di una presidenza inossidabile e di un titolo vinto nonostante le grandi difficoltà sportive: le Merengues hanno perso 172 milioni nella produzione di introiti ma grazie alla riduzione degli stipendi del 10% sono riusciti a rimanere in utile con 320 mila euro sopra la linea rossa. Una diminuzione importante rispetto agli utili di 39 milioni della scorsa stagione, ma in tempo di crisi non aver rosso a bilancio è già una grande vittoria. 

Juventus: situazione europea

Se anche il Manchester United, il City e il Liverpool accusano delle perdite globali per circa 100 milioni a singolo bilancio, la crisi ha portato la Juventus ad entrare definitivamente nell’alveo dei grandi club europei. 

“Le stime parlano di un crollo dei ricavi pari a 4 miliardi nei prossimi due anni. E, secondo la Fifa, il 90% di questa perdita sarà relativa ai soli club. In sostanza, circoleranno meno soldi. Ci sarà una drammatica erosione dell’Ebitda che si rivelerà o potenzialmente si potrebbe rivelare una crisi di cassa per la maggior parte dei club” 

Da presidente dell’ECA, organismo fondato nel 2008 sotto la presidenza di Karl Heinze Rumenigge per gestire di concerto la prima crisi mondiale coinvolgente il calcio d’élite, Andrea Agnelli proietta la sua figura e la Juventus al vertice di un convoglio pronto a partire in direzione di molteplici soluzioni. 

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“Penso che sia importante prendere un momento tra noi dell’ECA per riflettere sull’ultimo anno che penso sia stato il più complicato nella storia della nostra organizzazione. Stiamo vivendo un momento di tensione, ma stiamo anche imparando a condividere i diversi pensieri e le diverse opinioni che abbiamo sul futuro.”

Un gruppo compatto, unito, che affronti la situazione di concerto, ripercorrendo le orme di quanto fatto a Vienna all’inizio del 1800 dalle grandi nazioni europee. Un parallelo ingombrante certo, ma che misura l’importanza del discorso portato dal presidente della Juventus alla ventiquattresima riunione dell’associazione. 

“Dobbiamo comprendere bene cosa significherà a livello economico per i club. Ciò che è importante è che noi club iniziamo a breve un dialogo e che parliamo con un’unica voce.”

Insomma, Agnelli non si tira indietro e con il bilancio della Juventus in rosso di 97 milioni con una perdita dell’8% sui ricavi e 48 milioni come perdita operativa focalizza l’obbiettivo comune sul modificare il mondo del calcio in modo da rendere sostenibili crisi come questa. 

Dopo il 2008 l’Europa si è unita nell’ECA dando vita al Fair Play Finanziario, progetto grazie al quale i conti in rosso dei club europei sono stati risanati e hanno iniziato a generare profitto. Oggi, dopo e durante la pandemia serve una risposta nuova, che la Juventus e Agnelli chiedono a gran voce. 

Futuro internazionale? 

Nei mesi antecedenti all’inizio della stagione le ipotesi per far fronte alla pandemia sono state tre, come citato da diversi economisti. 

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Secondo Bastien Drut, il calcio sopravvivrà alla crisi mondiale riducendo le spese sul mercato e prevedendo una certa moderazione sul fronte dei guadagni. Grazie al sistema del Fair Play Finanziario il sistema reggerà e la crisi verrà affrontata egregiamente. 

Altro scenario vede la crisi permanere, proprio come sta accadendo in questo momento della stagione, prevedendo cambiamenti più radicali nell’organizzazione del mercato e della gestione dei giocatori. Limiti ai costi di trasferimento, tetto salariale ai giocatori in rosa stile NBA, una struttura economica di riserva per far fronte alle future crisi. Questo scenario, non il peggiore ovviamente, costringerebbe a una rivisitazione di tutto il sistema calcistico attuale, con conseguenze ancora da valutare. 

L’ultima possibilità ripercorre invece le orme di una proposta che da tempo viene fatta da alcuni potenti del calcio – De Lauretis in primis: con il fallimento di molti club di medio-basso livello a causa del permanere della crisi, i grandissimi club darebbero vita ad un campionato europeo che cambierebbe totalmente i canoni del calcio contemporaneo. 

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Christophe Lepetit e Loïc Ravenel, entrambi analisti del CDES (Centre International d’Études du Sport), parlano di entrambe le possibilità, sottolineando come quest’ultimo scenario sia di una problematicità atavica:

“Purtroppo non ho illusioni. Dovrebbero fallire molti club e alcuni molto noti per farci muovere verso qualche grande resa dei conti egualitaria.” (Ravenel)

“Al Cdes stiamo ovviamente spingendo per sfruttare la crisi per fornire un quadro migliore per il calcio.” (Lepetit)

Juventus: la Champions come palliativo

A tutto questo si aggiunge la situazione sportiva che la Juventus di Pirlo sta attraversando: otto punti in quattro partite, la compagine bianconera si trova a meno quattro dal Milan di Ibrahimovic e, priva di Cristiano Ronaldo, martedì affronterà la Dinamo Kiev in Ucraina per la prima gara di Champions League. 

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Una situazione come non se ne vedevano da un po’ in casa Juventus, che ricerca nella coppa dalle grandi orecchie quel palliativo necessario a spegnere i riflettori sul nuovo corso: Pirlo ha bisogno di tempo, così come Ronaldo per tornare in campo, e la partita di martedì sarà fondamentale in questo senso. 

Dybala – Pirlo: l’ennesimo problema?

Chi non spegne i riflettori è però Paulo Dybala, tenuto in panchina per novanta minuti da Andrea Pirlo (“Venerdì si è allenato dieci minuti, non era la sua partita” dirà il tecnico al termine del match) a Crotone e infuriato con Paratici per non essere stato lasciato alla Continassa a mettere minuti nelle gambe in vista della Dinamo. 

Dybala non gioca ormai dalla gara con la Sampdoria di fine luglio in campionato, un’eternità per il dieci della Juventus che non vede l’ora di tornare a decidere le partite. La crisi economica e sportiva (se di crisi si può parlare…) ha un solo modo per essere affrontata: vincere. E Dybala non aspetta altro. 

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