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Perché i ventenni sono i campioni di oggi e non del domani

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Le cento presenze di Vinicius Junior con il Real Madrid riportano in auge il discorso sui giocatori giovani: perché in Italia non vengono valorizzati abbastanza?

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Nel lunedì di Liga si è giocato il posticipo tra Real Madrid e Real Sociedad. Il match si è chiuso sull’1-1 e, a metà ripresa, con i merengues intenti a rincorrere il vantaggio ospite di Portu, Zidane ha mandato in campo Vinicius Junior. Il brasiliano ha così toccato quota cento presenze con la maglia del Real Madrid da quando, due anni e mezzo fa, gli spagnoli lo acquistarono dal Flamengo.

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Quello di Vinicius Junior fu un acquisto epocale, perché il ragazzo aveva solo una manciata di presenze in prima squadra ma, ugualmente, il Real Madrid staccò un assegno da 45 milioni di euro per anticipare la concorrenza. Il classe 2000 nato nei sobborghi di Rio de Janeiro, tuttavia, non ha battuto il record di precocità nello sfondare quota cento apparizioni al club, visto che Raul, Camacho a Casillas hanno fatto meglio.

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L’Europa valorizza i giocatori giovani

Arrivare a questo traguardo è comunque molto importante, perché testimonia come il concetto di giocatori giovani nel calcio sia molto relativo. Vinicius Junior, nonostante debba ancora compiere 21 anni, è per esempio un profilo già fatto e finito, in grado di giocare a certi livelli – contro la Real Sociedad ha segnato anche la rete del pareggio finale – e di garantire una certa continuità a Zidane.

Al suo pari, la Liga è un campionato particolarmente incline alla valorizzazione precoce di giocatori giovani. Sempre al Real Madrid, per esempio, si è imposto il 2001 Rodrygo mentre su sponda Barcellona quest’anno si sta mettendo in mostra Pedri, che di anni ne ha appena 18. Eppure, vedendolo in campo non si direbbe.

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Gli esempi di giocatori giovani già decisivi sono talmente tanti che è quasi impossibile elencarli tutti. Si va dal gruppo del Borussia Dortmund, composto dai vari Haaland, Reyna, Sancho, Moukoko e Bellingham, passando per Musiala del Bayern Monaco e finendo da Florian Wirtz del Leverkusen. In Premier League, invece, vanno forte Mason Greenwood (Manchester United), Bukayo Saka (Arsenal) più gli stranieri Fabio Silva (Wolverhampton) ed Eric Garcia (Manchester City). Tutti, nessuno escluso, nati dal 2000 in poi.

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E l’Italia?

Non considerando la Francia, dove i giocatori giovani – specialmente i cosiddetti post millennial – non si contano più, in Serie A questo trend si abbassa notevolmente. Infatti, i calciatori nati dal 2000 in poi impiegati con continuità si contano sulle dita di una, forse due, mani. Di certo c’è gente molto valida come Kulusevski, Kumbulla, Tonali e Vlahovic che, mixata a qualche nuova proposta tipo Lovato, dovrebbe avere il futuro assicurato.

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giocatori giovani
Fonte immagine: @juventusfc (Twitter)

Per il resto, si ha l’impressione che i giocatori giovani “piacciano” meno, o che comunque ci sia meno fiducia. Il motivo principale, probabilmente, è che in Italia non si è ancora capito che i ventenni sono i campioni di oggi, non del domani. Un atteggiamento fastidioso, paternalistico oltre il limite e poco coraggioso, evidenziato di recente anche dalle parole di Pirlo post Verona-Juventus.

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L’allenatore bianconero, incalzato sui cambi fatti a partita in corso, ha detto che girandosi in panchina non vedeva soluzioni che potessero cambiare il match. Infatti, viste le tante assenze, i bianconeri avevano solo giocatori giovani a disposizione. Gente anche valida, tipo Nicolò Fagioli, sui quali evidentemente non viene riposta fiducia.

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E se Pirlo, colui il quale avrebbe dovuto allenare l’under 23 della Juventus (ergo, svezzare i calciatori del domani), prende questo tipo di posizione, allora è chiaro che il problema di mentalità troppo spesso banalizzato, quello riguardo l’ostracismo sulla maggior parte dei giocatori giovani, in realtà sia reale e da combattere. Che lo si faccia, invece, è un altro discorso.

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