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Fluminense e l’incubo LDU Quito: la maledizione dell’altura

In Primo PianoFluminense e l'incubo LDU Quito: la maledizione dell'altura

Tra il 2008 e il 2009 il Fluminense perse due finali continentali contro la stessa avversaria. La LDU Quito, sfruttando il fattore altura, scrisse un piccolo pezzo di storia

Un anno e mezzo calcisticamente da incubo. A quante squadre di calcio è capitato? Tante, ovviamente, perché si sa che lo sport, molto spesso, regala emozioni ma anche delusioni di questo tipo. Ciò che però successe al Fluminense nei sedici mesi intercorsi tra luglio del 2008 e il novembre dell’anno successivo, ha dell’incredibile. Il Tricolor Carioca, uno dei club storici nonché più vincenti del Brasile, perse due finali continentali di fila.

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Già, direte voi, e qual è la notizia? Che a sottrarglieli fu la stessa, identica, squadra. Verso la fine degli anni Dieci in Sudamerica tornò di moda il problema legato all’altura, perché a dominare nel Continente era la LDU Quito, compagine ecuadoriana con sede nella capitale e uno stadio, il Rodrigo Paz Delgado, situato a 2734 metri sul livello del mare, nel cuore del quartiere di Cotocollao.

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La maledizione della Casa Blanca

L’impianto che ospita le partite casalinghe della LDU è conosciuto ai più come la Casa Blanca. Ma per il Fluminense, che in quell’anno e mezzo andrà a giocarci per ben tre volte, di bianco non c’è proprio nulla. Anzi, le prospettive sono nere, come quando non sei abituato all’altura e comincia a girarti la testa, ti si offusca la vista e poi ti manca il respiro. Mate e ossigeno sono la soluzione, ma solo se non devi scendere in campo e giocare ai mille all’ora contro una squadra molto forte.

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La LDU ha grandi tradizioni in patria ma è solo nel nuovo secolo che comincia a farsi conoscere anche fuori. Merito, in primis, di Eduardo Bauza: il ‘Patón’ è di nazionalità argentina ma ha sposato una donna del posto e, nell’Ecuador, ha trovato una sorta di seconda casa. Lo ribadirà spesso, anche quando poi andrà via per allenare altrove: “Ho avuto tante soddisfazioni nella vita – racconterà – ma ciò che ho fatto a Quito rimane indimenticabile”.

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Copa Libertadores 2008: il Fluminense perde e piange

La Copa Libertadores 2008 è stata un’edizione particolare, con tante big al via e il Fluminense, la miglior squadra della fase a gironi, che agli ottavi approda come favorita per la vittoria finale. In panchina c’è Renato Gaucho, che di recente ha vinto la coppa col Gremio, in campo furoreggiano Thiago Neves e Dario Conca ma il vero big è il centravanti Washington, panzer sovrappeso con uno spiccato senso del gol.

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La LDU è inserita nel Gruppo 8, proprio col Fluminense, che al Maracanã vince 1-0 e poi pareggia 0-0 a Quito, quando entrambe le squadre avevano già strappato il pass per gli ottavi. “È quasi impossibile giocare qui” dirà Renato Gaucho, inconsapevole del fatto che il destino tirerà a riservargli un bruttissimo scherzo. Le due squadre infatti fanno un percorso quasi netto: in casa, gli uomini di Bauza prima della finale mettono insieme 5 vittorie e 3 pareggi, quindi giocare alla Casa Blanca sarà tutt’altro che facile.

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E infatti, il Fluminense crolla sotto i colpi di una LDU che segna quattro gol in 45 minuti. Dopo un paio di giri di lancette Bieler sblocca il risultato, poi serve la palla del raddoppio a Guerron e dà il via all’azione della rete di Campos. Urrutia sigilla il match, solo parzialmente tenuto in vita dai gol di Conca e Neves. A Rio de Janeiro serve la prestazione perfetta, ma dopo cinque minuti Luis Bolaños stappa la partita e chiude i conti.

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A poco serve la tripletta di Thiago Neves: il fantasista del Fluminense – idolo della torcida tricolor, poi diventato traditore in seguito al passaggio al Flamengo – suona la carica e nei minuti di recupero, dopo aver devastato la difesa ospita, offre sulla testa di Washington la palla del match, che il bomber brasiliano fallisce. Si va ai rigori e le tre stelle del Fluzao sbagliano: la Libertadores 2008 va alla LDU. Washington piange per l’occasione mancata. La metà rubronegra di Rio, invece, festeggia.

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Copa Sudamericana 2009: l’amara rivincita

L’anno successivo Fluminense e LDU si ritrovano in finale di Copa Sudamericana. L’occasione è ghiotta per vendicarsi della tragedia sportiva accaduta l’anno prima e, le due squadre, arrivano in finale dopo aver sbattuto fuori alcune delle favorite alla vittoria. In panchina ci sono due allenatori differenti – Jorge Fossati dirige gli ecuadoriani, Cuca i carioca -, in campo mancano alcuni dei protagonisti del recente passato (Thiago Neves, Washington e Manso in particolare) e il capitano del Fluminense è Fred.

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A Quito l’altura torna a essere decisiva: nel match di andata Marquinho illude i brasiliani, ma la furia della LDU si abbatte sull’avversario col passare dei minuti. La tripletta di Edison Mendez ribalta la contesa, Salas la rifinisce e De La Cruz, vecchio spauracchio dell’Italia al Mondiale 2006, la chiude. Finisce 5-1: ribaltarla sarà impossibile. Al ritorno Cuca opta per un 3-4-3 a trazione anteriore, ma saranno ancora i minuti finali a beffare il Fluminense.

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Alla fine del primo tempo Diguinho e Fred indirizzano la partita, a metà ripresa Gum fa 3-0 con uno stacco imperioso dei suoi. Poi, negli istanti finali, lo stesso centrale del Fluminense coglie una traversa, prima di un’occasione (quasi) a porta vuota sbagliata da Fred. La LDU vince la coppa praticamente senza scendere nemmeno in campo. Le due squadre si sono ritrovate contro di recente, nella Sudamericana 2017, agli ottavi di finale superati dal Fluminense. Una, seppur magra, consolazione.

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