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Perché la finale di Champions League si gioca a Porto

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La finale di Champions League si sarebbe dovuta tenere a Istanbul ma è stata (di nuovo) spostata. Ecco i motivi

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Sarebbe dovuto essere il ritorno della finale di Champions League a Istanbul per la prima volta dal 2005 (anno della clamorosa vittoria in rimonta del Liverpool sul Milan), e invece niente da fare. Dopo rassicurazioni, proposte e controproposte, la partita non si disputerà nemmeno questa volta nella capitale turca.

Sarà infatti lo Estadio do Dragão di Porto lo scenario della finale. Prima volta nella storia per la città del nord del Portogallo, ma soprattutto prima volta che una stessa nazione ospita la finale della massima competizione UEFA per club per due edizioni consecutive.

L’ennesimo rinvio della finale di Istanbul

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Istanbul sarebbe già dovuta essere la sede della finale di Champions League della scorsa stagione, nonostante le grandi polemiche politiche contro di essa (la Turchia era impegnata in una violenta guerra nel nord della Siria contro i curdi), ma lo scoppio della pandemia del coronavirus ha convinto la UEFA a spostare il match a Lisbona.

La finale di Istanbul è così slittata al 2021, cioè a quest’anno, ma proprio in questi giorni si è ripresentata la stessa situazione di un anno fa. Anche stavolta polemiche politiche (più tenui, e legate all’uscita della Turchia dalla Convenzione internazionale sulla violenza contro le donne) che però hanno avuto effetto quasi nullo, mentre è stata l’improvvisa crescita dei contagi a costringere all’ennesimo cambio di sede.

Finale Champions League: i retroscena politici

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La Turchia si trova infatti in un delicato momento nella sua lotta al Covid, con il governo che ha dovuto imporre il primo vero lockdown in oltre un anno di pandemia. Il presidente turco Erdogan puntava moltissimo su questa finale per la sua immagine internazionale, e proprio per essa aveva rinunciato ad ospitare partite dell’Europeo itinerante di questa estate. Nei giorni scorsi aveva provato a rassicurare la UEFA sul fatto che il lockdown sarebbe finito in tempo per la finale, facendo rientrare l’allarme dei contagi, ma tutto ciò non è bastato.

Soprattutto perché il governo britannico ha deciso di tagliare la testa al toro e mettere la Turchia sua propria red list sanitaria, sconsigliando ai propri cittadini di raggiungere la il paese anatolico. La riapertura al pubblico in vista della finale di Champions League è una cosa a cui la UEFA non aveva intenzione di rinunciare, specialmente a livello simbolico, e così si è iniziato a parlare di un cambio di sede.

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Il premier britannico Boris Johnson ha subito proposto di giocare la partita a Wembley, visto che avrebbe comunque riguardato due club britannici, Chelsea e Manchester City. Anche questa idea ha un retroscena politico importante, visto che ospitare la finale in questo contesto avrebbe rafforzato l’immagine di Johnson come politico che meglio di tutti è stato capace di gestire la pandemia nel proprio paese.

 

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Ma il Regno Unito organizzerà già diverse partite dell’Europeo di questa estate, comprese soprattutto le semifinali e la finale, che si giocheranno proprio a Wembley. Inoltre, il fatto che lo stadio abbia sede proprio a Londra, pur non essendo casa di nessun club ma solo della Nazionale, rappresenterebbe un favore al Chelsea, che ha sede proprio nella capitale.

Finale Champions League: Porto la nuova sede

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Così si è dovuto cercare una nuova sede, e subito si è tornato a parlare di Lisbona, che già un anno fa aveva preso il posto di Istanbul. Anche questa ipotesi è sembrata poco praticabile, visto il precedente, ma non si è andati troppo lontano.

La finale della Champions League 2020/2021 si giocherà infatti a Porto, nella cornice dell’Estadio do Dragão, casa del club allenato da Sergio Conceição che proprio in questa edizione del torneo ha eliminato la Juventus, prima di uscire contro il Chelsea. È la prima volta, però, che una stessa nazione ospiterà due volte consecutivamente la finale; d’altronde, il Portogallo è una delle nazioni europee non coinvolte nell’organizzazione dell’Europeo itinerante, pur essendo detentore del titolo.

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