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Eriksen non tornerà a giocare, il professor Thiene ci spiega perché

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Le devastanti immagini del malore di Christian Eriksen sono ancora sotto gli occhi di tutti. Attualmente la situazione del centrocampista danese dell’Inter e della Nazionale sembra fortunatamente volgere pian piano verso il meglio. Ed è proprio notizia recente il fatto che il numero 24 dei nerazzurri sarà operato per impiantare un ICD, cioè un defibrillatore sottocute. Una decisione – come spiegato dal comunicato della Federazione danese – che Eriksen ha ovviamente accettato. Quale sarà il futuro per il calciatore ex Tottenham? Lo abbiamo chiesto al professore emerito di Anatomia Patologica all’Università di Padova Gaetano Thiene, che nella sua carriera ha avuto già a che fare anche con mondo del calcio. Anni addietro, infatti, il professor Thiene si è occupato di effettuare la perizia sul povero Davide Astori dopo la tragedia del giocatore.

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Eriksen non tornerà a giocare, il professor Thiene ci spiega perché

Professore, premettendo che ovviamente non è stata data ancora una diagnosi chiara, cosa può essere successo a Eriksen?

“C’è stata un’improvvisa perdita di coscienza per sopraggiunto ritmo ventricolare ad alta frequenza”.

Il medico della Danimarca – in conferenza stampa – ha sostenuto che il ragazzo fosse letteralmente morto per qualche minuto. Come hanno fatto a riportarlo in vita?

“Eriksen è andato incontro a una fibrillazione ventricolare, ovvero a un arresto della circolazione, che è lo stato della morte. Per fortuna questo stato può essere reversibile se si ripristina subito il ritmo normale del cuore. Il calciatore è stato resuscitato grazie al defibrillatore esterno, preceduto da un massaggio cardiaco che ha consentito di mantenere una portata di sangue sufficiente a perfondere il cervello fino allo shock elettrico”.

Perché tale problema non è stato evidenziato precedentemente?

“Gli atleti vanno incontro soprattutto in Italia, dove Eriksen gioca, ad approfonditi esami medici. Verosimilmente il suo ‘tallone d’Achille’ patologico era occulto. Sarebbe necessario fare a tutti gli atleti una risonanza magnetica cardiaca, non ancora prevista dagli attuali protocolli di visita medica”.

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Secondo lei i ritmi delle partite e il numero di essere possono incidere realmente su questi episodi?

“L’intensità delle prestazioni cardiache alle quali un atleta è chiamato certamente contribuiscono a sfidare la stabilità elettrica del cuore, se affetto da una patologia. Lo sport per sé non è pericoloso ma può smascherare un’alterazione sottostante”.

Secondo quanto si sta apprendendo, al calciatore sarà inserito un defibrillatore sottocute. In attesa di notizie più certe, per la sua esperienza può dirci se tornerà a giocare o meno?

“L’impianto di un defibrillatore con catetere endocavitario consente di intervenire automaticamente con l’emissione di uno shock elettrico nel caso di un nuovo episodio di fibrillazione ventricolare, prevenendo così la morte improvvisa. Il calcio però è uno sport caratterizzato da scontri con gli avversari, che mettono in pericolo la statica del defibrillatore sottocutaneo e l’impianto del catetere all’interno delle cavità cardiache. Il soggetto potrà continuare a fare gli sport privi di questi rischi, come per esempio il golf o il tiro con l’arco”.

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