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Maradona e il gol del secolo: magia da aquilone cosmico

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Nella sfida contro l’Inghilterra valida per i quarti di finale del Mondiale 1986, Maradona regala al popolo del calcio il gol più bello della storia di questo sport

Un lampo accecante, con cui mostra al mondo la sua componente divina dopo aver utilizzato la scaltrezza umana per la rete precedente. Può essere descritto così il gol con cui Diego Armando Maradona porta l’Argentina sul 2-0 nel match di Messico ’86 contro l’Inghilterra. Un solo uomo che si carica sulle spalle una nazione, seminando uno dopo l’altro tutti i giocatori inglesi (avversari dell’Argentina non solo sul campo, ma anche nella guerra delle Falkland Malvinas andata in scena qualche anno prima). La prodezza più fantascientifica che Maradona abbia mai regalato su un campo di calcio e che, doverosamente, viene ricordata a più riprese nel giorno della sua morte.

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Un gol che nasce a Wembley nel 1979

Le reti dei fuoriclasse sono il più delle volte frutto del loro talento e della loro capacità di improvvisare, come prestigiatori su un palcoscenico. Giocate che vengono pensate sul momento senza prove in allenamento o pensieri riguardo alla disposizione degli avversari. Il “gol del secolo”, come è stato definito quello di Maradona all’Inghilterra, ha una storia decisamente particolare.

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Siamo nel 1979 e la Nazionale inglese ospita sul prato di Wembley l’Argentina trionfatrice nel Mondiale del 1978. Un successo a cui non ha partecipato l’allora diciottenne Maradona, entrato però a stretto giro di posta nel giro dell’Albiceleste. In quella partita Maradona effettua un’azione funambolica come quella messicana ma, al momento dell’uscita del portiere – Clemence e non Shilton come nel 1986 – calcia di prima intenzione spedendo la palla di poco fuori. Al ritorno in Argentina Hugo Maradona, fratello minore di Diego e appartenente ad un pianeta calcistico inferiore rispetto a lui, lo rimprovera dicendo che avrebbe dovuto scartare anche il portiere.

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Una critica rimasta dentro al Pibe de Oro e riutilizzata al momento giusto. Nel 1986, dopo aver lasciato per strada ogni inglese che aveva provato a fermarlo, Maradona si trova davanti a Shilton e lo salta segnando poi a porta vuota. Una prodezza che porta con sé un messaggio: difficilmente, in situazioni analoghe, Diego sbaglia due volte.

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Il racconto del gol del secolo

Il numero finale su Shilton è solo la parte finale di un’azione con cui Maradona ha segnato la storia del calcio e forse dello sport. Un acuto che merita di essere raccontato passo per passo, per la sua eccezionalità. Maradona prende palla poco dopo la metà campo e, nel giro di qualche secondo, si libera nell’ordine di Hoddle, Reid, Sansom e Butcher.

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L’ultimo ostacolo tra Diego e la porta è rappresentato dal difensore Fenwich che, oltre a contrastare il numero 10, deve tenere d’occhio anche Jorge Valdano che sta accompagnando l’azione. L’attaccante dirà a più riprese negli anni successivi che era convinto che Maradona gli avrebbe passato il pallone. Una decisione mai presa in considerazione dal Pibe, nel pieno della rappresentazione individuale del suo genio.

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Diego poi ammetterà l’utilità di Valdano in quella circostanza, dicendo: “Sapevo che Valdano al mio fianco era una distrazione per loro. Fenwich aveva il dubbio su chi marcare: un difensore con il dubbio è un difensore morto”. El Pibe sfrutta così l’indecisione dell’avversario, per concludere un’azione fatta di 10 secondi, 11 tocchi e un’infinita dose di magia.

La cronaca sublime di Morales per il gol di Maradona

Il gol più bello nella storia del calcio merita una descrizione all’altezza. Tra i numerosi cronisti che hanno raccontato quella sfida tra Argentina e Inghilterra svetta Victor Hugo Morales: giornalista, scrittore e cantore meraviglioso nel calcio sudamericano. Nella rete del 2-0, ha la capacità di utilizzare la parola giusta per ogni attimo sia durante l’azione che dopo la sua conclusione.

Quando Maradona si sta avvicinando alla porta di Shilton, si esibisce in un “Ta-ta-ta-ta”. Non descrizioni tecniche o aggettivi qualificativi, ma semplicemente la trasposizione del suono – dolce e violento allo stesso tempo – che Maradona fa fare al pallone mentre sta saltando gli inglesi come birilli.

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Il meglio però lo riserva dopo il gol quando, pur essendo originario dell’Uruguay, si commuove come il più argentino degli argentini. Famosissimo il soprannome dato da Morales a Diego in quella circostanza: barrilete cosmico. Aquilone cosmico, che non si sa da dove sia arrivato e che nella giornata di ieri è volato via lasciando un vuoto incolmabile in tutti gli amanti del calcio.

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