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Carlos Bianchi, il Virrey del calcio argentino

RubricheCarlos Bianchi, il Virrey del calcio argentino

Dagli inizi al Velez alla consacrazione in panchina: Carlos Bianchi è stato l’allenatore più vincente d’Argentina, nonché uno dei più influenti

Se lo chiamano Virrey, paragonandolo a una delle figure più importanti dell’impero colonialista spagnolo in Sudamerica, un motivo ci sarà. Un soprannome che denota potere, autorità ma soprattutto che sottolinea come la sua figura sia sempre stata al di sopra di tutto. Carlos Bianchi ha da poco compiuto 71 anni ma, nonostante abbia ormai da tempo abbandonato il calcio, nessuno si è dimenticato di lui.

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E ci sta, perché la figura di Bianchi non è stata fondamentale solo per i tifosi di Velez Sarsfield e soprattutto Boca Juniors, ma per tutto il panorama calcistico del subcontinente. Il Virrey ha contaminato un’intera scena per decenni, costruendo e vincendo. Tanto, quasi sempre, a un certo punto. E poco importa se nella sua carriera ci sono state parentesi meno felici, perché Carlos Bianchi – assieme a tutta un’altra serie di leggende – è stato la storia del calcio argentino.

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Tutti i record di Carlos Bianchi

Da buon vincente, Carlos Bianchi ha riempito le bacheca dei club che ha allenato, ma soprattutto la sua. Dopo aver vinto tutto da calciatore – la cui carriera da grande attaccante si è sviluppata principalmente al Velez e poi nel campionato francese -, il Virrey si è ripetuto da allenatore, essendo l’unico capace di alzare ben 15 titoli tra competizioni nazionali e internazionali.

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Tre di quest’ultimi hanno consacrato Bianchi nell’allora pregiatissima Coppa Intercontinentale. Per quanto invece riguarda la Copa Libertadores, il tecnico argentino ne ha vinte ben 4 e nessuno ha fatto meglio di lui. A tutto ciò, vanno aggiunti cinque premi come miglior allenatore dell’anno e due premi conferiti dall’IFFHS. Insomma, una bacheca che straborda e due popoli che, ancora oggi, lo amano alla follia.

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Gli inizi da calciatore

Figlio di una famiglia molto credente, Carlos Bianchi è cresciuto in un collegio cattolico e da ragazzino, per arrotondare, aiutava il padre a vendere i giornali. Entrato nel settore giovanile del Velez, cominciò a segnare a raffica legando a doppio filo il suo nome a quello del Fortin. Fu a quei tempi che Victor Hugo Morales, maestro del giornalismo argentino, gli affibiò il suo storico soprannome.

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All’inizio degli anni Settanta, dopo 16 anni al Velez, Bianchi decise di provare l’avventura europea accettando l’offerta dello Stade Reims, nonostante in Spagna gli avessero offerto molti più soldi: “Avevo dato la mia parola e non volevo rimangiarmela”, racconterà. Il Reims non è più la squadra di Raymond Kopa e Just Fontaine. Anzi, Bianchi la trova in zona retrocessione, la salva, la discesa è solo rimandata.

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Nonostante i 107 gol in 124 partite, la franchigia dello Champagne retrocede e il PSG approfitta della situazione per acquistare il Virrey. Le cose non vanno benissimo: Bianchi segna tanto ma la squadra non decolla. Il matrimonio dura due anni, poi il fugace passaggio al Racing Strasburgo e infine il ritorno in Argentina al suo amato Velez, col quale praticamente chiude la carriera diventando il più prolifico marcatore della storia del Fortin.

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Le notti di gloria con il Velez

A fine carriera Carlos Bianchi decide di tornare in Francia per allenare. Lo fa al Nizza e poi al Paris FC, ma il richiamo di casa è troppo forte e così il tecnico torna ancora una volta a Liniers. Il suo sarà il Velez più vincente di sempre, con tre campionati in altrettante stagioni ma, soprattutto, alzando la Copa Libertadores nel 1994, strappata al San Paolo di Telé Santana ai calci di rigore.

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Di quella squadra facevano parte il pittoresco numero uno Chilavert, i centrali Pellegrino e Trotta, che seguirà Bianchi alla Roma, il centrocampista Bassedad e il Turu Flores. Il Velez è la squadra più osservata al mondo, soprattutto dopo che a Tokyo il Fortin batte 2-0 il Milan nella finale di Coppa Intercontinentale. Trotta e Asad macellano i rossoneri, e per Bianchi è pronto un biglietto per Roma.

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La consacrazione al Boca Juniors

Franco Sensi si è invaghito di lui e lo vuole a tutti i costi. Ma in Italia, Carlos Bianchi dura meno di una stagione: ad aprile, con la squadra sesta in classifica, lascia la capitale e rientra a Buenos Aires, dove il Boca Juniors lo aspetta da anni. Con gli xeneizes riscrive la storia: oltre ai 4 campionati argentini, il Virrey allena il club a tre riprese e gli regala altrettante Libertadores.

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La prima, storica, nel 2000, vinta ai rigori contro il Palmeiras dopo aver fatto fuori il River Plate ai quarti di finale. La seconda, indimenticabile, l’anno successivo, vinta sempre dagli undici metri contro i messicani del Cruz Azul. E infine la terza, storica, spazzando via nella doppia finale il Santos grazie a un giovanissimo Carlos Tevez e al bomber Chelo Delgado.

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Il tutto, con due Intercontinentali a chiudere un cerchio storico. Il 28 novembre del 2000 Martin Palermo si abbatte sul malcapitato Real Madrid di Vicente Del Bosque, vincendo 2-1 la finale giapponese. Tre anni dopo, invece, sarà il Milan a pagare dazio. Ancora una volta sono i rigori a regalare una gioia immensa al Boca Juniors.

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Dopo l’1-1 alla fine dei supplementari, Pirlo, Seedorf e Costacurta si fanno ipnotizzare dal Pato Abbondanzieri mentre il carneade Cascini batte Dida. In quel momento, il Virrey si lascia andare. Piange, Carlos Bianchi, per uno dei suoi ultimi titoli di una carriera straordinaria, durante la quale ha fatto innamorare due popoli e regalato gioie a milioni di tifosi. Un unico rimpianto: “Avrei voluto allenare la nazionale”, ha dichiarato in un’intervista. Il cerchio si sarebbe chiuso magnificamente.

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