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Angiolino Gasparini, il dramma della droga e la redenzione

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Ai più giovani il nome di Angiolino Gasparini dirà poco e nulla. Non si tratta, però, soltanto di un signore dall’appellativo all’apparenza bizzarro, bensì di un ottimo stopper difensivo che negli anni ’70 e ’80 si è costruito una carriera di tutto rispetto tra Serie A e Serie B. Senza mai eccellere, forse.

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E addirittura facendosi conoscere più per problematiche serie fuori dal campo, nonostante le grandi qualità mostrate sul rettangolo di gioco. Come tanti colleghi, anche Gasparini ha spesso attirato su di sé gossip e critiche. Ma quanto avvenuto all’ex giocatore lombardo rappresenta, a suo modo, qualcosa di storico.

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Angiolino Gasparini, tra spaccio e calcioscommesse

Nativo di Bedizzole, piccolo comune in provincia di Brescia, Gasparini lega inevitabilmente il suo essere calciatore proprio alle Rondinelle. Dopo una lunga trafila nelle giovanili, esordisce nel 1970 e già nella stagione successiva, in cadetteria, si impone come titolare. Gasparini è uno stopper roccioso, a volte anche duro negli interventi. Non inquadra la porta per niente (segnerà l’unico gol in campionato nel 1980, con la casacca dell’Ascoli) ma, in compenso, fornisce prestazioni titaniche dal punto di vista difensivo.

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Dopo 5 anni a Brescia, nel 1974 Gasparini va a giocare nell’Hellas Verona. Ci resterà una sola stagione, perché – dopo 38 gare da protagonista e una promozione – verrà acquistato dall’Inter. I nerazzurri possono rappresentare la svolta nella carriera di Angiolino Gasparini ma, per un motivo o per un altro, Gasparini non esplode mai del tutto. Il fatto di essere individuato come uno ottimo difensore ma da Serie B e la concorrenza nerazzurra (negli anni si alternerà con i vari Giubertoni, Guida e Canuti) non gli consentiranno mai di lasciare davvero il segno. Anche se in nerazzurro Gasparini vincerà l’unico trofeo della sua carriera, ovvero la Coppa Italia del 1978.

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Proprio alla fine di quella stagione, Gasparini viene ceduto all’Ascoli, neopromosso in Serie A. Il giocatore sarà uno dei trascinatori del club negli anni migliori della storia della squadra. Non solo – come già accennato – segnerà il suo primo e unico gol in campionato ma aiuterà l’Ascoli a raggiungere uno storico quinto posto nel 1979/1980. Purtroppo però la piega della sua storia diventa improvvisamente oscura la mattina del 29 luglio 1981.

Il dramma della cocaina

Durante il ritiro dell’Ascoli a Colle San Marco un auto della polizia arresta Angiolino Gasparini, accusandolo di detenzione e spaccio di cocaina. Il giocatore passerà alla storia come il primo fermato a causa di questo tipo di droga. Gasparini spiega che aveva acquistato la cocaina per lenire alcuni dolori a una spalla da operare. La verità emersa, però, fu ben differenti: Gasparini aveva una dipendenza che si portava dietro sin dai tempi di Verona. Anche per questo, nonostante le molte qualità, non era mai riuscito a emergere su un livello successivo. Lo stopper trentenne resta 8 giorni in carcere e poi intraprese un percorso di disintossicazione, che lo portò a tentare un ritorno in campo sempre con l’Ascoli e poi con il Monza.

Proprio con i lombardi Angiolino Gasparini non solo chiudere la carriera ma si segnalerà anche per il suo coinvolgimento nello scandalo Calcioscommesse del 1986. Coinvolto in verità in maniera marginale, sarà squalificato per 4 mesi. Dopo il ritiro, Gasparini ha deciso di fare i conti con la propria coscienza e con le problematiche della droga. Tutt’oggi, infatti, collabora con la comunità di recupero dei tossicodipendenti Lautari.

Nel racconto che Gasparini fece nel 2009 a L’Avvenire, traspare tutta la malinconia per gli anni persi dietro alle sostanze stupefacenti: “È cominciato tutto quan­do giocavo nel Verona. Ho iniziato per curiosità, come tanti. Una sniffata la domenica sera dopo la partita, poi di­ci: ‘Se faccio un tiro anche al giovedì che male mi può fare?’. E invece è fi­nita che dopo cinque anni di questa vita ero arrivato al punto di chiuder­mi in bagno a pippare anche il sa­bato in ritiro, alla vigilia della gara. E­ro finito in un vi­colo cieco. Sono stato 8 giorni in carcere ma a ripensarci li ho vissuti da privilegiato: ero il cal­ciatore di Serie A, l’uomo pubblico.

La prima preoccupazione fu per i miei genitori, mi dispiaceva farli soffrire per quel casino che avevo combina­to. Una settimana prima avevo co­nosciuto Giovanna che poi è diven­tata mia moglie. La sua presenza è sta­ta fondamentale. Ma la cosa più im­portante in quel periodo fu il grande amore verso il calcio che mi riab­bracciò subito, anche se all’antido­ping poi ‘casualmente’ sorteggiava­no sempre me. Comunque senza la passione per il calcio mi sarei potuto perdere per sempre come è successo a tanti ragazzi della mia generazio­ne”. Fortunatamente, nel percorso di Angiolino Gasparini ha trovato spazio la redezione. Una cosa mai scontata, nel calcio come nella vita.

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